Dopo la Croazia l’anno scorso, ora tocca alla Slovacchia scrivere a chiare lettere nella propria Costituzione che l’unico matrimonio possibile è quello fra un uomo e una donna, e che solo questo ambiente familiare naturale può consentire la crescita sana ed equilibrata dei figli. Ora tocca alla Slovacchia perché il 24 febbraio 40 dei 67 parlamentari dell’opposizione cristiano-democratica e di centro-destra hanno depositato un progetto di emendamento costituzionale proprio per scongiurare ogni eventualità di legalizzazione delle “nozze” omosessuali.
Ma la notizia nella notizia è che questa iniziativa di alto profilo politico e morale gode nella sostanza dell’appoggio persino del Primo Ministro socialdemocratico, il 50enne Robert Fico, il quale si è per di più trascinato dietro per intero il proprio partito, lo SMER-SD (Smer-Sociálna Demokracia, ovvero “Direzione-Socialdemocrazia”).
Anzi, appena prima della proposta di emendamento avanzata dai partiti di opposizione, Fico si era detto favorevole a una iniziativa congiunta di analoga riforma che però proprio l’opposizione ‒ su iniziativa di Ján Figeľ, leader del Movimento Democratico Cristiano (Kresťanskodemokratické hnutie) ‒ aveva rigettato giudicandola demagogica. Così facendo, però, l’opposizione ha rischiato di non avere i numeri parlamentari sufficienti a superare l’ostacolo posto in sede legislativa da altre note forze dichiaratamente pro-gay. Menomale, quindi, e va detto a suo onore, che il Primo Ministro socialdemocratico ha scelto di concentrarsi sul contenuto e sul valore dell’iniziativa, e non di polemizzare, aderendo alla proposta di quegli stessi suoi avversari che invece avevano appena bocciato la sua, pressoché identica.
Insomma, il centro-destra slovacco sostiene l’unicità del matrimonio naturale eterosessuale, la Sinistra idem e solo i soliti sospetti politici fra le parti hanno impedito che le due ali del parlamento slovacco si mostrassero concordi sul piano formale come lo sono su quello sostanziale. Se quindi quei soliti sospetti politici non ci metteranno all’ultimo uno zampino malvagio, sia le forze di governo sia quelle di opposizione procederanno prestissimo a ratificare anche in sede costituzionale quanto già la legge vigente in Slovacchia stabilisce: le “nozze” gay non esistono. E qui s’innesta il secondo aspetto notevole della questione.
Stando a un sondaggio del 2012, pare infatti che il 47% della popolazione slovacca sia invece favorevole alla legalizzazione dei matrimoni gay contro un 38% di contrari. Se le cose non si sono nel frattempo modificate, ciò significa di fatto che, per una volta, lo scollamento fra cittadini e politica che attraversa ovunque la società contemporanea occidentale non è una cattiva cosa, con il ceto politico che, appunto per una volta, si mostra migliore dei cittadini che lo hanno eletto.
La proposta di emendamento costituzionale andrà comunque a verifica il 18 marzo, quando ne discuterà il parlamento, ma, almeno sulla carta, i socialdemocratici e i cristianodemocratici che la sostengono hanno i voti sufficienti (minimo 90 su 150) per spuntarla. La data di questa verifica parlamentare si accavalla peraltro a quelle delle prossime elezioni presidenziali slovacche: il 15 marzo, con una eventuale coda di ballottaggio fissata per il 29.
Il favorito, dato da molti per già vincitore, è proprio il Primo Ministro Fico, che in questo modo punta al vertice massimo del Paese. Fico è del resto un uomo dalla storia politica interessante. Nel 1987 s’iscrisse all’oggi scomparso Partito Comunista di Cecoslovacchia (PCC); dopo il crollo del regime comunista, nel 1989, entrò nel Partito della Sinistra Democratica (PDS), ovvero il vecchio PCC con il trucco rifatto; infine è uscito dal PDS per fondare lo SMER-SD, nato al centro e lentamente spostatosi a una sinistra fatta di populismo mescolato a richiami strategici all’identità nazionale. Oggi la scelta di allearsi con l’opposizione per difendere un principio non negoziabile lo mette in rotta di collisione frontale con le politiche del Partito Socialista Europeo di cui fa parte. Le sorprese, insomma, belle, forse non sono finite.
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