giovedì 30 giugno 2011

L'onda dell'East coast di Angiolo Bandinelli pubblicato su Il Foglio, il 30/06/11

La notizia già la sapete: lo stato di New York ha legalizzato i matrimoni gay. Attivisti, aderenti e simpatizzanti dei movimenti omosessuali hanno festeggiato tutta la notte. Moltissimi si saranno ammucchiati nel Christopher Park, il giardinetto che ospita forse il primo se non unico Gay Liberation Monument, le statue iperrealiste in grandezza naturale dello scultore George Segal: due gruppi di un bianco gessoso. Io ci capitai per caso, pensai fosse una trovata folcloristica del Greenwich Village. Invece Christopher Street è, dagli anni Settanta dell'altro secolo, uno dei simboli del Gay pride. In Christopher Street si trova la Stonewall Inn, un gay bar nel quale ebbero inizio, il 28 giugno 1969, i "moti di Stonewall" che segnano la data di inizio del movimento di liberazione omosessuale. L'evento odierno ha insomma, a New York, radici profonde: si capisce che coppie gay di mezzo mondo si preparino ad andare a New York per sposarsi in gran festa. Ma la Conferenza episcopale americana ha ribadito l'assoluta avversione per il matrimonio tra persone dello stesso sesso: il matrimonio, hanno ammonito quei vescovi, è "unione d'amore aperta ai bambini".

I giornali italiani hanno registrato con ampiezza l'evento, non necessariamente condividendo la tesi del prof. Umberto Veronesi, per il quale l'amore omosessuale è più puro perché "disinteressato", né però associandosi alla polemica di Marcello Veneziani, il quale ironizza sulla purezza ancora maggiore dell'autarchico onanismo. Un sondaggio, sia pure informale, dice che il 60 per cento degli italiani è d'accordo con la decisione di New York. Lo stato di New York è il più importante tra quanti già hanno approvato un analogo provvedimento (per ora soprassedendo sul caso California, che prima ha approvato una legge a favore del matrimonio gay poi l'ha abrogata con un referendum). È interessante notare che di questi stati, il Massachusetts, il Connecticut, il New Hampshire e il Vermont sono nel nordest che gravita sulla liberale Boston, mentre lo Iowa è già uno stato del Midwest. Sembra quasi che l'America tra New York e la città di Benjamin Franklin abbia ripreso a trainare gli ideali che le sono propri e che sembravano destinati a una irreparabile sconfitta a opera degli stati del sud e del Midwest, tradizionalmente più conservatori, sui quali si era basata la fortuna politica dei repubblicani fino ai due Bush.

Qualcosa ci dice che l'America dove avvengono questi fatti è un paese in profonda trasformazione. Le antiche middle class di colletti blu e bianchi più o meno wasp sono in declino. Gli ultimi rilevamenti segnalano che, tra i bambini di meno di due anni, gli ispanici, gli asiatici e i neri stanno sopravanzando i bianchi. In dodici stati, i bambini "etnici" sono già oltre i cinquantun per cento. È ovvio che questo terremoto demografico spaventi i conservatori del paese. Sommate a questo trend demografico l'avanzare del movimento gay, e potrete capire perché il leader conservatore Tony Perkins, presidente del Washington Family Research Council, abbia dichiarato che "il declino della famiglia tradizionale dovrà fermarsi, se l'America vuole continuare a esistere come società civile". Chissà che la profezia di Samuel Huntington sul "conflitto di civiltà" non debba invece realizzarsi all'interno stesso degli Stati Uniti, come conflitto etnico. Non credo si debbano avere certe paure. E mi spiace che la chiesa cattolica si trovi a essere alla testa, o nelle prime file, di un fronte dal quale la separano tante idee e tanti valori, come il giudizio sul che fare dei migranti dal sud al nord del mondo. Né si può pensare che l'America sia buona quando i suoi politici invocano Dio sulle loro azioni e divenga cattiva quando gli stessi politici approvano leggi ritenute immorali. Può darsi che questo succeda per esigenze politiche, in un anno pre elettorale anche Obama si sta aprendo ai gay. Ma ecco il punto: per un laico questo piegarsi al richiamo elettorale fa parte della complessa fenomenologia di una società aperta, nella quale i voti si contano e non si pesano: non per opportunismo, ma perché questa è l'essenza del liberalismo, del suo relativismo etico (etico, in quanto è un relativismo sostanzialmente morale, e in esso è la sua moralità). Io non ho mai spregiativamente definito reazionario l'atteggiamento dei creazionisti o di quanti combattono l'aborto o il matrimonio gay, Ma ricordo che, durante la campagna divorzista, noi Radicali dicevamo che il passaggio della legge Fortuna-Baslini sarebbe stata una vittoria per tutti, non avrebbe obbligato nessuno a fare quel che non volesse, Era il laico principio del "minor danno".


Nessun commento:

Posta un commento