L’Istat misurerà il benessere salute, sicurezza e ambiente per
affiancare il vecchio Pil - Data di pubblicazione: 05.11.2011 di Grion, Luisa -
Tentativi di superare l'insostenibile totem del PIL aggiungendo i misuratori
della felicità. Poi chi decide? la Repubblica, 5 novembre 2011
ROMA - Non di solo Pil vive un
Paese. Per capire se la sua gente sta bene o male, se le prospettive e la
qualità della vita sono buone il prodotto interno lordo non basta. Ormai se ne
parla da anni - già nel ‘68 Bob Kennedy scrisse che il Pil «misura tutto,
eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta» - ora è tempo di trovare
un’alternativa e di affiancare all’indice sulla ricchezza e la produzione altre
percentuali, altri numeri.
Per l’Italia ci stanno pensando
il Cnel e l’Istat che hanno appena individuato dodici nuovi «canali» da
percorrere per stabilire come stiamo e verso che tipo di società andiamo. Le
prime sette voci sono mutuate da quelle fissate, un paio d’anni fa, dalla
Commissione Stiglitz, voluta dal premier Sarkozy per calcolare nel nuovo modo
le performance della Francia e il suo progresso sociale. Si parla di ambiente,
salute, benessere economico, istruzione e formazione, lavoro e tempi della
vita, relazioni sociali e sicurezza. A questi sette capitoli Cnel e Istat, dopo
consultazioni con le parti sociali, hanno aggiunto altri cinque caratteri:
benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ricerca e innovazione,
qualità dei servizi, politica e istituzioni.
L’obiettivo è chiaro: inserire il
«giudizio» sul Paese in un quadro più complesso, tanto più in una fase in cui
il Pil è destinato, nel migliore dei casi, a non crescere più come una volta e
a rivelare tutte le lacune di una valutazione unica. La griglia è pronta, ma
non è definitiva: i due istituti invitano infatti esperti, rappresentanti della
società civile e singoli cittadini a esprimere valutazioni e consigli
rispondendo ad un questionario ad hoc e partecipando ad un blog cui si accede
dal sito www. misuredelbenessere. it, già in funzione. Poi, a marzo si
trarranno le conseguenze del dibattito on line e degli incontri sul territorio
e s’individueranno definitivamente gli elementi adatti a valutare il «benessere
equo e solidale» dell’Italia. Quindi si procederà alla costruzione degli
indici, che saranno pronti fra un anno, ad ottobre, in tempo per essere
inseriti nel quarto rapporto voluto dall’Ocse su questi temi. Allora sapremo
come sta l’Italia, al di là del Pil, e potremo confrontare la nostra salute con
quella degli altri paesi.
La partita, infatti, non è solo
nostra, visto che con questi temi si sono già misurati altri governi, a partire
dal premier Cameron e dal «questionario sulla felicità» recentemente inviato
agli inglesi. «Noi eravamo in ritardo, ma abbiamo ampiamente recuperato dando
alla definizione del benessere parametri concreti e strutturati» ha detto il
presidente dell’Istat Enrico Giovannini.Di fatto l’importanza attribuita ai
dodici tempi individuati è stata confermata anche da uno studio elaborato
dall’istituto di statistica su cosa, secondo gli italiani, determina il
benessere di una società. Il campione di 45 mila persone ha messo al primo
posto la salute, la possibilità di assicurare un futuro ai figli e di avere un
lavoro dignitoso. «Risposte sulle quali si è riscontrata una straordinaria
omogeneità al di là delle fasce d’età, del sesso o dalla provenienza
territoriale» commenta Giovannini «il che vuol dire che c’è nel Paese c’è lo
spazio per costruire un futuro partendo dalla definizione del benessere che
vogliamo. E’ un messaggio per la politica, deve farla riflettere».
L’indicatore del benessere è
tutt’altro che un gioco: in Paesi come l’Australia e la Nuova Zelanda, dove il
percorso è più avanzato, le nuove leggi che il governo vuole varare vengono
valutate anche in base all’impatto che determineranno sugli indicatori del
benessere. E’ una rivoluzione che Cnel e Istat si augurano pure in l’Italia,
anche perché ridarebbe penso alla politica in crisi e fornirebbe una possibile
via d’uscita al Paese in stallo.
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