lunedì 19 dicembre 2011


EUTANASIA - Mina Welby, cinque anni dopo - "Piergiorgio, vola come Ariel" - Il 20 dicembre 2006 si spegneva il giornalista e scrittore simbolo del diritto all'autodeterminazione del malato. Sua moglie con l'Associazione Coscioni pronti a dare battaglia sul testamento biologico di PAOLO GALLORI, http://www.repubblica.it

Mina Welby
ROMA - Cinque anni fa, il 20 dicembre 2006, moriva Piergiorgio Welby. Avrebbe voluto "farlo" prima. La distrofia muscolare lo aveva consumato fino a imprigionarlo in un letto. La natura che tanto amava scorreva fuori della sua stanza, dove macchine senza anima costringevano la sua in un corpo ormai indifendibile, spinto a respirare, ad alimentarsi. E ad assistere impotente all'esposizione di quanto restava di sé all'andirivieni di camici bianchi. Finché quel giorno di cinque anni fa un anestesista acconsentì a sedarlo e spense la ventilazione meccanica. Il dottor Riccio fu poi assolto dal giudice Zaira Secchi, che puntellò la sentenza sull'articolo 51 del codice penale: non punibilità per il medico che adempie al dovere di dare seguito alle richieste del malato, compresa quella di rifiutare le terapie, sancita dall'articolo 32 della Costituzione. Aveva 60 anni, Piergiorgio, amava la vita, ma per lui quella non lo era più. Lo disse al presidente Napolitano, in una lettera lucida e impietosa, per reclamare il diritto a una morte non giusta ma "opportuna". Per raccomandare al presidente della Repubblica che la sua storia, e quelle come la sua, fossero portate a conoscenza degli italiani. Per alimentare una riflessione seria sull'eutanasia, contro l'accanimento terapeutico e per il diritto all'autodeterminazione del malato. Sul testamento biologico si sarebbe poi abbattuto il caso Englaro. La "guerra di Piero", scrittore, giornalista e attivista radicale, oggi continua con Mina Welby, sua moglie, presidente dell'Associazione Luca Coscioni.

Mina, sono passati cinque anni. E' cambiato qualcosa?
"Credo di sì, nella discussione aperta tra gli italiani, soprattutto tra le persone sensibili a queste richieste. In Italia di nascosto si fa desistenza terapeutica, senza scriverlo nelle cartelle cliniche. Indagini dimostrano come in America un'alta percentuale di medici faccia desistenza terapeutica. In Europa il 39%. Nel 2002, in Italia, con Piero ancora in vita, era appena il 10%, si faceva più accanimento terapeutico, desistenza solo quando le cure erano evidentemente inutili. Avviene anche oggi, contro il codice deontologico medico. In questo hanno responsabilità i parenti, che insistono con i medici per le cure. E i dottori, per non essere denunciati..."

Mina, lei è in prima linea contro il ddl Calabrò, il disegno di legge che ribadisce il no all'eutanasia e inasprisce le regole sul testamento biologico.
"Aspettiamo che il ddl sia calendarizzato, il Senato ora è affaccendato in altre cose. In realtà si parla di tre proposte di legge in una: su alleanza terapeutica, consenso informato e disposizione anticipate sui trattamenti. Su alleanza terapeutica e consenso informato leggi c'erano già. Serviva solo un discorso su come trattare le disposizioni anticipate sui trattamenti. Ma questa legge è stata concepita male, perché scritta sulla falsariga del decreto "salva Eluana" di Berlusconi. Per questo è illiberale e liberticida"

Si spieghi.
"Nel "testamento biologico", la persona non può rifiutare, sin da principio, la nutrizione artificiale, che è un trattamento medico. Nessun medico può mettere un sondino a un paziente che lo rifiuta. Nel momento in cui la persona si ritrova in coma, la legge dice che il sondino va messo. E' assolutamente illiberale. E ancora: un malato di Sla dice che non vuole essere tracheotomizzato, se va in coma viene intubato. Il medico dovrebbe rispettare la sua volontà, è scritto nel codice deontologico. In questa legge invece si evoca il codice penale: il medico che fa desistenza terapeutica rischia l'accusa di omicidio"

Il ddl non considera più valida la manifestazione orale sul trattamento desiderato nel fine vita espressa in precedenza da soggetti in stato vegetativo. Il caso Englaro, per intenderci.
"Infatti. Ma io credo che anche la legge Calabrò non potrebbe confutare il codice civile, secondo cui è giusto che per quella persona decida la famiglia, qualcuno che l'ha amata. E' giusto che il medico chieda come andare avanti, se le cure non servono più. Invece questa legge, articolo 3, comma 5, concentra tutto nel documento, la dichiarazione anticipata sui trattamenti (senza, il personale medico è obbligato ad agire a salvaguardia della salute e della vita, ndr)".

Sul sito dell'associazione Coscioni si raccolgono proposte di emendamento.
"Sì, in modo da allungare i tempi e far capire ai senatori che quel testo non è accettabile. Da varie indagini, Eurispes per esempio, si rileva che il 70% degli italiani vuole una legge chiara e buona per essere accompagnati nel fine vita".

E' ottimista sull'esito di questa sua battaglia?
"Quando ho iniziato a rispondere agli inviti, agli incontri venivano anziani. Oggi sono i giovani, liceali, universitari, a farmi domande davvero difficili e anche impertinenti, personali. Ma è giusto, bisogna svelare per spiegare come il morire sia un fatto personalissimo. E nessuno, nemmeno una legge può invadere questo campo. Lo afferma anche l'ordine dei medici, nel documento uscito dal congresso del 7 e 8 luglio, a Palermo. In Germania, la legge sulle disposizioni anticipate sui trattamenti non entra nel privato, si limita a dare input sul trattamento di queste dichiarazioni. Il ddl Calabrò entra tra il medico e il paziente. Invade il codice deontologico del medico e la volontà del paziente. Inaccettabile. Spero che non passi". 

Qual è l'ostacolo maggiore in Italia: politica, religione...
"Non credo dipenda dalla religione. Credo di più in un problema politico. I cattolici non sono tutti dello stesso parere, così come i non credenti. Ci sono atei d'accordo con la gerarchia vaticana e cattolici che dissentono. Ho raccolto dichiarazioni, mail, di tanti sacerdoti, non estremisti antivaticanisti, che hanno sostenuto e sostengono Piergiorgio e oggi fanno ricerche assieme ai loro fedeli".

Il sogno di Piergiorgio era la morte "opportuna", come scriveva a Napolitano.
"Tra i medici italiani c'è una corrente che fa ricerca sul suicidio assistito. In modo particolare, per persone sole, anziane o con difficoltà di vita. Io credo che oggi, con una crisi non solo economica ma politica e soprattutto culturale, non tutti avremo la possibilità di un accompagnamento nel fine vita con cure palliative costosissime, anche se per il ministero della Salute sono obbligatorie. Inoltre, una persona potrebbe non accettarle. Piuttosto, mancano psicologi, servirebbero di più. Ogni anno l'Istat registra 3mila suicidi, la maggior parte sono malati di cancro".

Mai avuto un ripensamento?
"Mai, vado avanti, ho votato tutta me stessa a questa battaglia e non mi dò pace, anche sapendo quanto è difficile arrivare a una legge che Piergiorgio avrebbe voluto sul suicidio assistito, sulla depenalizzazione dell'eutanasia. Nel 2004 ci fu la proposta di legge del senatore Battisti. Un insospettabile, non era un radicale, era della Margherita. Con il ddl del 13 febbraio, in deroga agli articoli 579, 580 e 593 del codice penale, si voleva rendere non punibile il medico che provoca o agevola la morte di una persona che lo ha richiesto, a condizione che sia in uno stato di malattia terminale irreversibile, di tipo patologico o accidentale. Quando la vide, Piergiorgio fu molto felice. Ora giace in qualche cassetto del Parlamento".

Nella lettera a Napolitano, Piergiorgio chiedeva visibilità per storie come la sua. Crede che i media lo abbiano accontentato?
"Il vero problema è l'informazione sbagliata. Data in modo superficiale, impulsivo, emotivistico, con lo scopo di vendere i giornali. Usando termini che hanno generato caste contrapposte, quando non c'è alcuna necessità di opporre la vita alla morte, perché la morte è parte della vita. Con "si deve lasciare che Eluana vada via" non si intendeva, come mi è stato rinfacciato spesso, che noi volevamo far morire tutte le persone in stato vegetativo. E' assurdo. Il papà aveva fatto questa richiesta perché sua figlia lo avrebbe voluto. Eluana lo aveva detto. Tornando ai media, sarebbe utilissimo che i giornali facessero periodicamente un'operazione di aggiornamento e approfondimento per informare i cittadini. Non succederebbe più quanto accaduto a Porta a Porta, dove si sono contrapposte persone risvegliatesi dal coma. Ma il coma non è lo stato vegetativo, dal coma si può tornare indietro".

Immagini di aver vinto, di aver coronato il sogno di Welby.
"Avrei un pensiero felice per i cittadini, ma so che continuerei a combattere. Perché non tutti sarebbero d'accordo, ci sarebbero obiettori di coscienza, medici non disposti per questioni di coscienza, come con l'aborto. Ci sono sempre nuove sfide. Ma io sono contenta, vedo che le battaglie di Piero vanno avanti, portandole in Europa assieme all'Associazione Luca Coscioni e ai radicali".

Mina, il musista Marco Turriziani ha composto questa canzone, "Ho sognato che volavi".
ASCOLTA IL BRANO 1
"Un titolo che riassume il pensiero di tanti amici di Piergiorgio. Quelli presenti al funerale, ammirati da un volo di piccioni su piazza Don Bosco, a Roma. E poi, quelli che Piergiorgio frequentava nel forum sui falchi. Nel 2007, mi invitarono in un allevamento per dare un nome a un falchetto in ricordo di Piergiorgio. Lui chiamava se stesso il Calibano, pensando al personaggio shakespeariano, l'uomo di fango, brutto, insidioso, terrificante. Io chiamai il falchetto Ariel: il Calibano si è strasformato, adesso vola, si libra nella libertà e nella bellezza. Come Piergiorgio aveva sempre desiderato".

(18 dicembre 2011)

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