giovedì 22 dicembre 2011


LA LIBERTÁ CHE NON COSTRUISCE L’UOMO NON PUÓ ESSERE VERA LIBERTÁ, di Gino Passarello* , http://www.scienzaevita.org/  Newsletter di Scienza & Vita n°52, del 21 Dicembre 2011

“Solo la tutela e la promozione della vita  garantiscono il pieno rispetto dei diritti di ogni  essere umano. Solo una scienza al servizio di ogni  essere umano è al sicuro da qualsiasi tentazione di  onnipotenza”..  Così recita il manifesto nazionale dell’Associazione  Scienza & Vita che ha, come sua mission, la difesa  della vita in ogni sua fase e condizione, in un  momento in cui l’orizzonte antropologico appare  incerto e la dignità propria dell’essere umano è  messa fortemente in discussione.  È per riflettere e confrontarsi sul valore della vita e la  sua tutela come fondamento di una società  autenticamente democratica, che è stato promosso  l’VIII Convegno Nazionale  svoltosi a Roma il 18  Novembre u.s. a cui hanno partecipato tutte le  Associazioni locali.  Momento centrale dell’evento è stata la  lectio  magistralis di Sua Eminenza il Cardinale Monsignor  Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza  Episcopale Italiana che ha subito sottolineato la  delicatezza del tema della vita sul quale si  confrontano posizioni tanto diverse da essere un  argomento “divisivo” ma da cui non si può  prescindere se si vuole costruire una società giusta e  solidale. In una cultura dominata dalla dittatura del  relativismo, come afferma  Benedetto XVI, “Cos’è la  verità? - si chiede il Cardinale - esiste nulla di  oggettivo in grado di essere metro della verità  morale, che possa regolare, normare i  comportamenti? Qualcosa che sia talmente  fondamentale per l’uomo da  essere universale?” Il  tema della verità è strettamente legato all’altro, non  meno fondamentale, della libertà e  dell’autodeterminazione. La tendenza della cultura  contemporanea è quella di considerare la libertà  individuale un valore assoluto, affrancata da ogni  norma e anche dalla verità di ciò che si sceglie con la  conseguente affermazione di un assolutismo della  libertà individualista che finisce per “rivoltarsi  contro l’uomo”. La libertà, afferma il Cardinale, deve  fare i conti con l’uomo e con il suo bene oggettivo e,  certamente, il primo bene, sancito dalla nostra  Costituzione è la vita e, quindi, la salute La libertà  che non costruisce l’uomo e che non ha come fine il  suo bene oggettivo non è libertà. Da questa  costatazione nasce il dovere, l’urgenza, per i cattolici,  di contribuire alla costruzione della civitas terrena  sulla base di quelle verità che scaturiscono dalla  coscienza naturale, che sono fondamento del bene  comune e norma per la libertà. La verità, infatti, è  una e rende realmente libero l’uomo. Se non c’è  nessuna verità universale che sia vincolante per la  coscienza dell’uomo vengono a cadere i fondamenti  dell’umanità e anche i fondamenti della democrazia.  È necessario, pertanto, diffondere un’antropologia  che fondi l’umanesimo integrale, ove manchi una  chiara visione dell’uomo come essere unico, creato  ad immagine di Dio, “creato per amore e chiamato  nello stesso tempo all’amore” (FC,11), che si realizza  pienamente nel dono sincero di sé, un uomo aperto  alla trascendenza, “al confine tra cielo e terra”, viene  anche a cadere la sua dignità inviolabile quale  fondamento morale universalmente condiviso. Il  tema della vita non può essere relegato ad un ambito  privato, non riguarda solo la singola persona ma la  società in quanto tale, perciò Benedetto XVI, nella  Caritas in veritate, afferma che “la questione sociale  è diventata radicalmente questione antropologica”.  Sulla base della convinzione che l’uomo non è solo  un bene in sé ma anche un bene per gli altri e che per  sua natura è un essere in relazione, è possibile  costruire una società solidale capace di farsi accanto  a chi è più debole e a chi è nella sofferenza.  Il dolore e la fragilità che l’uomo moderno tenta  disperatamente di negare, sono il luogo dove Dio fa  sentire all’uomo la sua vicinanza e la sua infinita  tenerezza, anzi è proprio questa condizione che Dio  condivide con l’umanità nel suo Figlio Gesù ed è  17 proprio nella fragilità e nel dolore che l’uomo scopre  la comune condizione con gli altri uomini e la  capacità e la gioia di farsi prossimo.   È questo il nuovo umanesimo auspicato da Giovanni  Paolo II, il solo che possa garantire una esperienza  autentica di democrazia e aprire orizzonti di  speranza all’uomo contemporaneo.   

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