giovedì 15 dicembre 2011


Successi scientifici, risorse in campo: speranze per la Sla - Melazzini: «Nel 2012 avremo 100 milioni  di euro da destinare ad assistenza domiciliare e aiuti alle famiglie» di Daniela Scherrer, Avvenire, 15 dicembre 2011

Il 2011 può essere definito come l’anno della speranza per i malati di Sclerosi laterale amiotrofica (Sla). Innanzitutto per la ricerca che, soprattutto in Italia, sta compiendo passi da gigante ma anche sotto il profilo delle risorse economiche: la pressione costante esercitata dalla Consulta sulle malattie neuromuscolari istituita presso il Ministero della Salute ha fatto sì che dal «cilindro» delle casse statali spuntassero cento milioni di euro da inserire nel «Fondo per le non autosufficienze» e da dividere nel 2012 proporzionalmente tra le Regioni.  Il congresso nazionale dell’Aisla (l’associazione che dal 1983 promuove la tutela, la cura e l’assistenza dei malati di Sla) che si è tenuto lunedì a Pavia è stato l’occasione per tirare le fila senza nascondere la soddisfazione per i risultati conseguiti. C’è naturalmente ancora tanto lavoro sia sul fronte della ricerca che della cura di pazienti, oggi in Italia circa 5mila, ma il presidente di Aisla e anche della Consulta, Mario Melazzini, ha potuto sorridere. «Come responsabile ma anche come malato sono davvero molto soddisfatto – ha spiegato – il 2011 va ricordato come un anno importantissimo per la ricerca perchè in maniera sempre più concreta i ricercatori, soprattutto italiani, stanno evidenziando come la genetica sia fondamentale nello scatenamento della malattia non solo nelle forme familiari ma anche e soprattutto sporadiche. Questo apre una serie di spiragli in particolare per quanto riguarda le potenzialità terapeutiche». alle nuove speranze che vengono dalla ricerca alla sensazione che finalmente i malati di Sla comincino ad avere un peso specifico anche per chi governa. «Sì, e per questo bisogna dire grazie alle numerose battaglie condotte dai malati stessi – prosegue Melazzini – e all’opera incessante delle associazioni sul territorio. Per il 2012 avremo a disposizione cento milioni di euro da destinare all’implementazione dell’assistenza domiciliare e al supporto delle famiglie colpite dalla malattia. E l’1% di questi fondi andrà a sostenere la ricerca sui progetti clinici e assistenziali. Ci tengo a sottolineare che questi soldi non sono stati prelevati dal 5 per mille e quindi non sono stati tolti ad altri».  Nel 2011 Aisla ha destinato un milione e 500mila euro ai progetti di ricerca sulla Sla, coinvolgendo 85 gruppi di ricerca: a far la parte del leone, come sempre, la Lombardia ma l’aspetto positivo è che quest’anno ogni Regione ha partecipato con almeno un progetto distribuendo a macchia di leopardo l’impegno profuso a livello nazionale. el corso del congresso Melazzini ha anche sottolineato i cambiamenti registrati nei pazienti in questi ultimi anni. Oggi sono più esperti e possono quindi avere un ruolo cruciale nel «disegnare» il percorso evolutivo della malattia, un valore aggiunto per il medico e per tutta l’équipe chiamata a seguire l’evoluzione di una patologia paradigmatica. «Ciò su cui ancora bisogna lavorare è riuscire a far comprendere al paziente che la ricerca ha dei tempi e che tra la malattia e la cura ci sono degli "scalini" che non è possibile saltare – ha precisato Melazzini – dall’identificazione genica agli approcci terapeutici e agli studi clinici. Possono passare anche 10-12 anni, un tempo enorme per un malato e lo dico vivendo questa condizione in prima persona». a i tempi della ricerca vanno rispettati per il bene del paziente stesso. Evitando le troppe, false illusioni che vanamente alimentano le speranze dei malati. Come avvenne nel 2008 quando scoppiò letteralmente la corsa al litio come nuova «arma» per frenare la progressione della Sla. «Fu una vera esplosione per la comunità dei malati – conclude Melazzini – salvo poi interrompere lo studio un anno dopo per l’assenza di efficacia e l’elevata tossicità rilevata nel litio carbonato. Alcuni ricercatori dovrebbero mettersi una mano sulla coscienza: il malato di Sla ha già poco tempo, buttarne via è veramente devastante».   

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