giovedì 22 dicembre 2011


UN SENSO DIVERSO DELLA GIUSTIZIA  FONDATO SULLA DIGNITÁ DELL’ALTRO  di Luciano Eusebi*, http://www.scienzaevita.org/  Newsletter di Scienza & Vita n°52, del 21 Dicembre 2011

  «Nessuno deve sentirsi solo e abbandonato  nella società-comunione, né nei momenti di gioia, né  nei momenti del dolore,  della malattia e della  morte»: così il Cardinale Bagnasco nell’intervento al  Convegno dell’Associazione Scienza & Vita sul tema  «Scienza e cura della vita: educazione alla  democrazia», tenutosi a Roma il 18 novembre 2011.  In effetti, la premura per il rispetto e la cura della  vita si riassume essenzialmente in quelle parole:  parole le quali – sollecitando a riappropriarci di un  concetto solidaristico dei rapporti umani – pongono  una questione cruciale circa i contenuti sostanziali e  il futuro della democrazia. Il fatto è che abbiamo  coltivato, nella nostra cultura, una visione curiosa del  rapporto con l’altro. Quella secondo cui sarebbe  giusto agire verso gli altri secondo reciprocità: faccio  del bene a coloro dai quali ritengo di ricavare  un’utilità, ma ove ravviso nell’«altro» qualcosa che  potrebbe risultare negativo per me, egli merita il  mio agire negativo verso di lui. Se, tuttavia, il  rapporto con l’altro si fonda sul giudizio, si troverà  sempre qualcosa in lui che appare negativo, perché  non risponde a quel modello dell’affermazione di se  stessi  contro gli altri che rappresenta il lato oscuro  della nostra personalità e  della nostra cultura. Una  volta stabilito che un’altra realtà esistenziale  rappresenta qualcosa di negativo, è in fondo  normale, secondo un simile concetto di giustizia, che  si agisca per escluderla dal proprio orizzonte, o  addirittura per eliminarla. Non avvertendo che in  questo modo si finisce per distruggere le stesse  occasioni che la vita ci offre per realizzare quanto di  più elevato c’è in noi, che è la capacità di amare.  Ovvero, con terminologia più laica, la capacità di  esprimere accoglienza, e non esclusione; di  affrontare le difficoltà, e non di rimuoverle. Si tratta  di coltivare un senso diverso della giustizia, in  conformità con l’art. 3 della Costituzione: non quello  fondato sull’agire in modo corrispondente al  giudizio, positivo o negativo, che si è dato dell’altro,  bensì quello fondato sull’agire secondo la dignità di  ogni  altro che incontriamo sul nostro cammino: in  altre parole, secondo progetti di bene dinnanzi al  male, sia esso incolpevole o colpevole. Solo questo  rivoluziona, nei rapporti interpersonali e globali, la  catena delle contrapposizioni e delle ritorsioni cui ci  condanna la giustizia della bilancia. E solo questo ci  libera dal senso di soccombenza di fronte al male e,  in radice, di fronte  alla morte. La tentazione è quella  di dare copertura giuridica a una formalizzazione  asettica dei rapporti umani, che finisce per non  rispondere affatto alla  salvaguardia dei soggetti  deboli e che, non di rado, potrebbe concretizzarsi in  una sollecitazione implicita a utilizzare presunti  diritti, come quello di morire, che liberano la società  dal peso della  cura. «E se dietro al rispetto di ogni  volontà – si chiede il Cardinale Bagnasco – ci fosse il  desiderio di non prendersi  in carico la fragilità,  poiché il prendersi cura richiede intelligenza e cuore,  tempo e sacrificio, risorse umane ed economiche?».  Una logica di  rottamazione dei soggetti deboli (per  malattia, fase dello vita o condizione sociale,  rappresenterebbe il crepuscolo della democrazia. È,  invece, la prospettiva di una relazionalità accogliente  verso l’altro – non fondata su un giudizio circa la sua  condizione esistenziale, ma derivante dal suo darsi  semplicemente come un «tu»,  vale  a  dire  come  un  essere umano vivente – che sola può rispondere alla  dignità di chi è debole e realizzare la dignità di chi lo  accosta. Solo una società che mantiene la  disponibilità a piegarsi anche sui membri più deboli  che, pur sempre ne sono parte, può essere una  società davvero umana e può guardare con fiducia al  futuro.  

* Ordinario di Diritto Penale,  Università Cattolica del Sacro Cuore,  Milano;  Consigliere nazionale  Associazione Scienza & Vita   

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