giovedì 22 dicembre 2011


LA CONOSCENZA COME RADICE DELL’ETICA, di Carlo Bellieni* , Newsletter di Scienza & Vita n°52 del 21 Dicembre 2011, http://www.scienzaevita.org  
Oggi più che mai, la bioetica deve essere  fondata sulla ragione, cioè sull’esperienza. L’etica  insomma è esclusivamente legata al conoscere, cioè  al riconoscere. Questo ci porta ad inevitabili  conseguenze
1-      La bioetica nasce dal riconoscere la realtà  La ragione è approcciare la realtà cercando di non  censurare nulla, abbracciandola secondo la totalità  dei suoi fattori. Ma contemporaneamente non  dimenticando nulla di noi: la nostra storia e i nostri  desideri. Confrontare storia e desideri con la totalità  dei fattori di ciò che  incontriamo significa  conoscerlo, dunque farne esperienza. L’uso della  ragione nella conoscenza implica due cose: che non  ne censuriamo nulla a priori (ragionevolezza), e che  addirittura siamo disposti a cambiare qualsiasi  opinione che ci siamo pre-formata, se la realtà del  fatto che affrontiamo lo impone (realismo). E, terza  premessa, che la realtà ci interessi davvero: senza  interesse ogni giudizio etico è formale e superficiale,  dunque artefatto.
2-      Certi giudizi etici dipendono dalle nostre fobie  Le reazioni affettive ad  un evento avverso hanno  anch’esse bisogno della mediazione della ragione per  organizzarsi e sbocciare. Non sono immediatamente  sviluppate dall’evento che le produce. Perdendo la  capacità di ragionare, subentra un meccanismo che  potremmo definire sottocorticale, cioè stereotipato,  che talora sfocia in patologia, in pensiero  catastrofico, che così tanto imbibisce la nostra  società.  L’ipotesi che io sollevo, è che alla base di tanti  fenomeni etici “nuovi”, come suicidio assistito,  liberalizzazione della droga, aborto facile, ci sia una  tendenza negativa personale, che diventa una  patologia sociale: una paura del reale e una  negazione del reale di alcune persone, che contagia la  visione del reale della popolazione, la rende  pessimista e nichilista, tanto da preferire la morte  all’affronto della realtà.  
3-      La bioetica non deve seguire “principi”, ma “la  realtà”  Il primo passo per una nuova bioetica è superare la  bioetica dei principi o quella delle conseguenze, che  cercano di dettare delle norme accettabili da tutti,  ma che in realtà giustifica tutto in base al fatto che la  persona lo decide autonomamente (principialismo) o  che il fine giustifica i mezzi (consequenzialismo).   Si deve tornare ad una bioetica basata sulla ragione  (non censurare nessun fattore del fatto reale), sul  realismo (accettare di cambiare idea se la realtà lo  impone) e sull’empatia (l’amore o almeno l’interesse  verso il soggetto che si ha davanti).   Senza queste tre dimensioni, il giudizio etico è un  giudizio burocratico, fatto per nascondere le nostre  fobie e patologie mentali.  La persona etica non è chi segue le norme, ma chi  riconosce nella realtà un disegno buono (una legge  naturale) e cerca di seguirlo.  E occorre ironia. Perché senza ironia prendiamo  troppo sul serio noi stessi, mentre dobbiamo  prendere sul serio la realtà (e il mistero divino di cui  la realtà è segno), non la nostra capacità o forza  tecnica.

* Neonatologo,   UO Terapia Intensiva Neonatale,   Policlinico Universitario “Le Scotte” di Siena;   Consigliere nazionale Associazione Scienza & Vita 

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