giovedì 22 dicembre 2011


PER RAGIONARE DELL’UOMO  OCCORRE PARTIRE DALLA REALTÁ  di Lorenza Violini*, Newsletter di Scienza & Vita n°52 del 21 Dicembre 2011, http://www.scienzaevita.org

Scorrendo l’ampia riflessione costituzionalistic 1 che ha per oggetto i due temi gemelli della dignità  umana e del diritto alla vita2 , si può agevolmente  desumere come lo ius – la regola giuridica orientata  alla giustizia - dipenda dalle concezioni filosofiche e  antropologiche dominanti nella  societas che lo  produce.  Dall’imago dei come fonte della dignità  della vita umana che impediva al popolo ebraico di  sfigurare i condannati a morte3  alla concezione  kantiana, che ancora oggi viene ripresa e ribadita  nella giurisprudenza del  Tribunale Costituzionale  tedesco4 , sempre le scelte giuridiche concrete sono  riconducibili ad un pensiero volto a scandagliare che  cosa sia l’uomo, quale la fonte della sua dignità, quale il senso della sua vita e del suo agire nella  storia.   Tale considerazione risulta nella odierna cultura  dominante assai sottostimata; ci si accontenta spesso  di luoghi comuni, a ciò indotti dalla superficialità dei  mass media mentre ci si sofferma troppo poco a  riflettere sui temi di fondo, quelli che non  coinvolgono solo la dimensione filosofica ma che  incidono anche significativamente sul proprio  vissuto personale. Un pensiero debole domina, un  pensiero che rischia di estendere i suoi tentacoli  anche dentro l’esperienza cristiana di ciascuno e di  qui dentro la vita della Chiesa, complice la debolezza  della natura umana, spesso troppo disponibile a  confinare il proprio essere nella materialità  dell’esistenza terrena, rinunciando a quel respiro, a  quello slancio, a quel gusto che dà l’impegno della  riflessione vera sul sé e sulle sue più estese  dimensioni. Utile  a riportare l’attenzione e il  pensiero ai temi fondamentali del pensare e  dell’operare, di quell’ora et labora che ancora  sostiene, nella inconsapevolezza dei più, la civiltà  occidentale, è stata la lectio magistralis su cui qui si  riflette, significativamente dedicata, nel suo  incipit,  al  tema  della  conoscenza.  E,  invero,  ci  si  potrebbe  utilmente porre la domanda: perché, per riflettere  sulla vita, è importante porre tale apparentemente  remota questione? Non sarebbe stato più  immediato  limitarsi a ribadire la necessità di comportamenti  morali, il senso della solidarietà, la coerenza tra  laicità e religione, la presenza ineludibile di diritti e  di valori irrinunciabili? Non basta questo per  ragionare della presenza della Chiesa e dei cattolici  nella società italiana?  Il  suggerimento di risposta  che viene dal testo è semplice, come semplici sono  tutte le cose vere: “per poter meglio affrontare il  tema della vita umana nella sua assoluta  indisponibilità o, se si vuole, sacralità” è inevitabile,   viene ivi detto, “allargare l’orizzonte” e chiedersi se  esiste qualcosa al di fuori del soggetto umano.  Ora, se così si imposta il ragionamento,  la presenza  del seguente paradosso si impone: per parlare  dell’uomo, della sua vita e dei suoi diritti –  aggiungono i giuristi – occorre partire da altro  rispetto all’uomo stesso, occorre partire dal mondo,  dalla realtà, dall’universo. E, ancora, partire non  basta: che ci sia  l’essere e che esso sia diverso dal  pensiero5  non basta all’uomo, all’ampiezza del  desiderio che segna gli uomini di tutti i tempi.  Questo altro, l’essere così come appare all’uomo che  ne prende coscienza, può essere conosciuto nella sua  verità il moto della  conoscenza parte da un atto di  fiducia, da una “comunione preriflessa con il  mondo”, da un positivo – insomma – che è l’unica  grande alternativa al sospetto e al dubbio metodico,  allo scetticismo che ne  consegue, al nichilismo  materialista fonte di quella “spasmodica spremitura  di soddisfazioni e godimenti fino all’estremo”. Essa  porta, ultimamente, a una “immane svalutazione  della vita”, ci dice la lectio, e a ragione. Inutile citare  a riprova di tale crudele quanto realistica analisi il  dominante senso di morte che le cronache ci  restituiscono ogni giorno; essa è tale da risvegliare in  tutti, religiosi e non, uno sconcerto, capace – quanto  è sano – di fondare la possibilità di una riscossa  umanamente convincente6 .  Il quadro si fa dunque chiaro e la tesi illuminante:  per ragionare dell’uomo in tutte le sue dimensioni –  e quindi anche di diritto e  di diritti, aggiunge  il  giurista apprendendo dal  teologo – occorre partire  dalla realtà, che  – per il fatto stesso di esserci – apre  all’avventura della conoscenza fondata sul  presentimento della positività del reale. E se è vero  che dalla conoscenza sorge la prassi, come  documentato dagli esempi sopra ricordati delle scelte  normative in tema di dignità e di vita umana , è  plausibile ritenere che sia quello enunciato un punto  di vista su cui fondare la rinascita in questo tempo di  acuta crisi, che  prima di essere economica, oltre ad  essere economica è prima di tutto crisi  antropologica, crisi di creatività e di fede nel proprio  alto desiderare. Se restasse rinchiuso nel suo  individualismo, legato all’autodeterminazione come  all’unico valore, cieco alla bellezza, sordo al richiamo dei fratelli che soffrono materialmente  e  moralmente, ben difficilmente l’uomo di oggi, l’uomo della crisi, potrebbe trovare l’energia per una  rinascita.   Che ne deriva per il tema del diritto alla vita e del suo  fondamento, di quel principio della dignità umana  posto a capo delle costituzioni moderne e dei tanti  documenti internazionali? Se non esiste alcun  criterio di discernimento tra bene e male, visto che è  solo la libera scelta che vale e che deve quindi essere  tutelata fino all’estremo, fino all’annullamento della  libertà stessa, fino alla morte, che fragilità nella  teoria dei diritti! Essi finiscono per diventare in  breve, secondo l’acuta definizione di Mary Ann  Glendon,  insaziabili, impermeabili alla dimensione  dei doveri, estranei alla  loro vocazione primigenia,  quella di sancire relazioni buone tra gli uomini. Se c’è  solo autodeterminazione e  libera volontà di scelta  indiscriminata diviene  problematico costruire  istanze sociali basate su vere comunanze  perché esse  debbono identificare ciò che  accomuna,  qualcosa di  valido per tutti, qualcosa che sia “così fondamentale  per l’uomo da essere universale” 7 . E’ qui che torna, e  che  quindi  si  fonda,  il tema del diritto, dello ius, del  diritto e della giustizia, e del suo nesso con la vita e la  dignità dell’uomo8 , di ogni uomo, in tutta l’estensione della sua esistenza naturale capace di  andare oltre i confini materiali della stessa9 .   Oltre il confine breve della materia va infatti  ricercato e conosciuto un universale necessario, un  destino che preme sull’esistenza, un Altro dall’uomo  che lo rende tale, cui avvicinarsi, insieme, consci  della sua sperimentata positività, di un positivo che  lo stesso nostro essere al mondo ci trasmette e che  consente di guardare a tutto, alla vita e alla morte, al  presente e al futuro, alla crisi e alla rinascita, essendo  – i cristiani - generati oggi dalla stessa morte e  resurrezione che ha generato e continua a rigenerare  la nostra pur difficile e drammatica ora.

* Professore Ordinario di Diritto Costituzionale,  Università degli Studi di Milano;  Consigliere nazionale Associazione Scienza & Vita


1 Fra  i  numerosi  contributi  in  materia,  cfr.  P. CAROZZA,  Human Dignity in Constitutional Adjudication,  in T. GINSBURG E  R. DIXON (a cura di), Research Handbook in  Comparative Constitutional Law, Edward Elgar  Publishing Ltd, 2011, p. 459 ss; E.J. EBERLE, Dignity and  Liberty – Constitutional Visions in Germany and the  United States,  Westport, 2002, p. 151; G. BOGNETTI,  Human Dignity and American Values, Itacha and London,  1992, p. 210 e ss.; N. RAO, On the Use and Abuse of Dignity  in Constitutional Law, Columbia Journal of European Law,  2008, 14, p. 201 e ss.
 2  L. VIOLINI, A. OSTI,  Le linee di demarcazione della vita  umana, in M. CARTABIA (a cura di), I diritti in azione, Il  Mulino, Bologna 2007, pp. 185-238.
 3  D. KRETZMER, E. KLEIN (a cura di), The concept of human  dignity in human rights discourse, Kluwer Law  International, Netherlands 2002.
 4  Si vedano ad esempio le sentenze,  Bundesverfassungsgericht [BVerfG] [Federal  Constitutional Court] 2378/98, 3 March 2004 e  Bundesverfassungsgericht [BVerfG] [Federal  Constitutional Court] 357/05, 2 February 2006 dove il  densissimo concetto di dignità umana come fondante per  l’impianto costituzionale viene energicamente ribadito  nella motivazione e confermato nel dispositivo che annulla  una legge tedesca la quale permetteva di abbattere aerei  con passeggeri per evitare il rischio di un attentato analogo  a quello successo l’11 settembre in USA.  
5 Su questo tema insuperato resta A.BONTADINI, Introduzione a R. DESCARTES, Il Discorso sul Metodo, Brescia 1972 passim
6   “Non  me  ne  importa  niente  –  ha  scritto  il  filosofo  Paolo  Rossi sulle pagine del Corriere della Sera – della prova  dell’esistenza di Dio. Però, come Monod, ho questo sasso  sullo stomaco: non accetto volentieri l’idea che il carnefice  e la vittima scompaiano insieme nel nulla”.  La citazione è  in J.CARRON, Prefazione, a   A. SIMONCINI, L. VIOLINI, P. CAROZZA, M. CARTABIA,  Esperienza elementare e diritto,  Guerini e associati, Milano 2011; si veda anche, F. BOTTURI  (a cura di),  Soggetto e libertà nella condizione postmoderna, Vita e Pensiero, Milano 2003; R. SPAEMAN, Tre  lezioni sulla dignità della vita umana, Lindau, Torino  2011.
7  Questo significato della libertà personale come  esaltazione dell’autodeterminazione dell’individuo è un  dato che emerge tanto negli ordinamenti nazionali quanto,  se non maggiormente, negli ordinamenti sovranazionali;  il  riferimento è in particolare al Consiglio d’Europa e alla  Corte Europea dei Diritti Umani. Se da una parte la  persona umana è indiscutibilmente tutelata in relazione a  fattispecie come la tortura, la violazione dell’integrità  personale e la schiavitù, dall’altra parte, di fronte a  questioni concernenti i confini della vita umana, tale tutela  diventa meno indubbia. In questo senso è interessante  notare come in materia di inizio vita negli ultimi anni la  Corte Europea sui diritti umani ragionevolmente non abbia  voluto determinare in maniera univoca il confine dell’inizio  vita, ma abbia sempre eluso questa questione spostando  l’attenzione sul piano dell’autodeterminazione  dell’individuo. E ciò con la temuta conseguenza, richiamata  anche dal cardinal Bagnasco, di “appiattire i popoli in  nome  di  una  unità  di  convivenza”,  fatto  salvo  i  casi  recenti  e di grande rilevanza quali il caso austriaco della  fecondazione eterologa (S S.H. and Others vs. Austria n.  57813/00, ECHR 2011) che, pur senza risolvere le criticità  appena sottolineate, chiamano in causa attraverso l’utilizzo  del cosiddetto margine d’apprezzamento, quell’umano  “fatto di gente e di terra, di storia e di cultura che è l’anima  di una nazione”. Su quest’ultimo concetto si veda “Chiesa e  Politica”,  Lectio Magistralis di Sua Eccellenza Cardinal  Angelo Bagnasco in occasione della giornata inaugurale  della VI edizione della  Summer School  organizzata dalla  Fondazione Magna Carta e dall'Associazione Italia  Protagonista, Frascati 4 - 9 settembre 2011.
 8  Discorso del Santo Padre Benedetto XVI in occasione  della visita al parlamento federale tedesco, 22 settembre  2011, www.vatican.va; si veda anche J. RATZINGER, J. HABERMAS, Etica, religione e stato liberale, Morcelliana,  Brescia 2005.
9  P. LEE, R.P. GEORGE,  The nature and basis of Human  Dignity, Ratio Juris, Vol.21, Issue 2, June 2008, pp. 173- 193; si veda anche E. W. BOCKENFORDE, Dignità umana e  bioetica, Morcelliana, Brescia 2009 nonché estesamente   A. SCOLA, L’alba della dignità umana. La fondazione dei  diritti umani nella dottrina di Jacques Maritain, Jaca Book,  Milano 1982.

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