lunedì 28 maggio 2012


Curare il dolore è un dovere, in Italia siamo ancora indietro di Ignazio Marino, L’Unità, 27 maggio 2012, http://www.dirittiglobali.it

Nel Sud solo il 53% degli ospedali si è adeguato alle prescrizioni. Si va dall’83% della Basilicata al 61% della Sicilia

CURARE IL DOLORE È UN DOVERE. UNO DEI PRINCIPALI OBIETTIVI DI OGNI MEDICO PER SOLLEVARE LE PERSONE MALATE, SPOSSATE E VESSATE DALLA SOFFERENZA CRONICA. Una compagnia opprimente per tanti pazienti oncologici, neurologici o che hanno problemi respiratori gravi, ma anche per alcuni milioni di italiani che ogni giorno soffrono di dolore cronico. Ad ognuno di essi è dedicata la giornata nazionale del sollievo, che si celebra oggi.
Per questo nel 2010 mi sono impegnato in Parlamento e abbiamo approvato all’unanimità, senza divisioni politiche, la legge 38, una delle migliori in Europa che include anche principi ed indicazioni per alleviare la sofferenza nei bambini. Tuttavia, le difficoltà restano. Lo dicono i dati recentemente illustrati dal ministero della Salute, secondo cui circa un ammalato su dieci attesta di non aver mai ricevuto alcuna terapia del dolore durante il ricovero in ospedale.
L’anno scorso la Commissione d’inchiesta che presiedo ha inviato i Nas in 244 ospedali in tutta Italia con l’obiettivo di valutare l’applicazione della legge 38 e fornire al governo un quadro chiaro. Ne è risultato che il diritto a non soffrire per milioni di italiani viene garantito sostanzialmente solo al Nord e in parte al Centro, mentre il Sud è molto in ritardo. Nel Mezzogiorno solo il 53% delle strutture si è adeguato alle prescrizioni della legge 38, con una variazione che va dall’83% della Basilicata al 61% della Sicilia, sino al 41% della Puglia. Un po’ meglio al Centro dove il 73% degli ospedali si sono adeguati alle norme (si va dal 96% di Toscana ed Emilia Romagna al 33% della Sardegna); al Nord, invece, l’88% delle strutture sono in regola, con punte del 93% in Veneto, Piemonte e Lombardia.
Vi sono poi ritardi imbarazzanti sull’uso dei farmaci oppioidi nel Lazio e nel Sud. Si tratta di farmaci necessari per lenire il dolore di chi soffre di patologie gravi o incurabili: la legge finalmente consente ai medici di usare il normale ricettario del Servizio Sanitario Nazionale per prescriverli, ma il loro consumo è cresciuto solo del 7% in un anno, contro il 68% del Nord. Un dato che si può spiegare solo in parte con la migrazione sanitaria dei pazienti meridionali, soprattutto quelli oncologici, verso il Nord. L’altra motivazione è che su questo tipo di farmaci resta vivo un tabù culturale. I medici che, come me, hanno studiato medicina negli anni Settanta e Ottanta evidentemente vivono ancora l’impiego degli oppioidi come una extrema ratio, da impiegare solo per i malati terminali. E invece vanno utilizzati senza pregiudizi, per evitare, sempre, ogni sofferenza inutile.
Non è un quadro pessimo, ma fotografa ancora una volta un Paese diviso in due. Possiamo tollerare che chi soffre al Sud continui ad avere una assistenza meno capillare e meno efficiente e sia costretto a spostarsi al Nord nel tentativo di alleviare la sua sofferenza? Io non ho dubbi, non possiamo.
È chiaro che gran parte della responsabilità è delle Regioni e di chi dirige le strutture sanitarie. Il ministero della Salute ed il ministro Renato Balduzzi, certamente sensibile a questo problema, devono pungolare chi è in ritardo. La legge 38 all’articolo 3 mette a disposizione una sanzione importante ed efficace. Per le Regioni inadempienti, si dice, è previsto il mancato accesso ai fondi integrativi del Servizio Sanitario Nazionale, cioè meno fondi a disposizione. Si applichi questa norma, non possiamo permettere che la cura del dolore resti l’eccezione e non la regola.

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