giovedì 24 maggio 2012


L’equivoco in provetta: non siamo pura biologia - La generazione umana  non può essere ridotta  sullo stesso piano della  riproduzione animale  L’uomo è sempre  persona. E per questa  dignità unica vanno  accettate alcune regole  necessarie alla sua  salvaguardia, di Michele Aramini, Avvenire, 23 maggio 2012

Il pronunciamento della  Corte Costituzionale, che ha  rinviato i ricorsi di alcuni  tribunali sulla base della  sentenza della Corte di  giustizia europea,  costituisce il giusto e necessario  riconoscimento del valore della  persona umana nella sua  originalità. In particolare  emerge con chiarezza come il  processo generativo dell’uomo  non sia riducibile alla semplice  riproduzione come avviene per gli  animali. Infatti, se si trattasse di pura  biologia, sarebbe insensato porre dei  divieti di carattere etico e si  procederebbe nella maniera più  produttiva, con l’utilizzazione dei  gameti migliori, presi nelle apposite  banche.  Ma l’uomo non è solo il suo corpo.  Non dovrebbe esserci bisogno di  dire che la persona umana è una  realtà unitaria in cui si possono  leggere diverse dimensioni, che però  sono assolutamente inseparabili. La persona umana è una realtà unica per  il suo essere e per il suo valore  morale, in essa corpo, psiche e spirito  sono un tutto inscindibile. Per questa  ragione il processo della nascita di un  bambino non può essere sottoposto  alle stesse regole della  nascita di un vitello o di  una pecora, e lo Stato  può (e deve) intervenire  in difesa del valore unico  della persona umana.  Il divieto di  fecondazione eterologa,  presente giustamente  nella legge italiana come  pure in altri ordinamenti  europei, deve essere letto  in questo senso come  difesa dell’unicità della  persona umana, la cui  nascita non può essere  ridotta a puro processo  biologico.   Vediamo da vicino che  cosa accade nella  fecondazione eterologa.  In questa tecnica si fa  ricorso alla donazione di  gameti maschili,  femminili o, addirittura,  di embrioni. In tal modo  le coppie che desiderano  un figlio per questa via  introducono nell’intimità  coniugale un terzo (e  anche un quarto) partner.  L’alterazione dei rapporti  intraconiugali sfocia  inevitabilmente  nell’alterazione dei  legami parentali-filiali. Il  nascituro sarà figlio di  genitori diversi: può avere  un padre biologico e un  padre sociale, o avere una  madre biologica, una  madre sociale e anche  una madre che lo ha fatto  nascere (nel caso della  maternità surrogata). Se ci collochiamo sul piano  riduttivo della biologia, sembra  che non ci siano problemi. Ma se  ci collochiamo sul piano delle  persone, come correttamente si deve  fare, scopriamo che viene violato il  fondamentale diritto dei coniugi di  generare solo l’uno per mezzo  dell’altro. Questo diritto è essenziale  e inalienabile, in quanto è parte  integrante dell’alleanza nuziale.  Infatti se ci chiediamo che cosa sia la  generazione di un figlio ci rendiamo  subito conto che essa è prima di  tutto una decisione di carattere  spirituale, nella quale la reciproca  donazione dei coniugi si fa servizio  alla vita. Si tratta della decisione di  maggior valore che una coppia possa  compiere: dare e accogliere la vita  del figlio. Si capisce come una tale  decisione non permetta in nessun  modo l’intrusione di altri. Invece la  donna che accetta di sottoporsi alla  fecondazione eterologa sottoscrive  un’altra alleanza, per mezzo della  banca dello sperma e degli ovuli,  con lo sconosciuto di cui accetta il  seme.   Sempre sul piano delle persone,  osserviamo che pure il figlio che  nascerà sarà danneggiato dalla  scelta della fecondazione eterologa,  perché ha diritto che il patto che  unisce i suoi genitori non sia  spezzato, e ha diritto a non nascere  come un oggetto biologico ma come  persona.   È chiara la posta in gioco. I fautori  della fecondazione eterologa, pur di  ottenere ogni "diritto", accettano di  porsi solo sul piano della biologia e  riducono la generazione umana alla  riproduzione animale. Al contrario, la  corretta impostazione del problema  ci dice che l’uomo è sempre persona  e che, proprio in nome di questa sua  dignità unica, si debbono accettare  alcune regole necessarie alla sua  salvaguardia.  © RIPRODUZIONE RISERVATA  

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