«No al segreto sull’eterologa: dire tutta la verità ai figli in
provetta» - Il Comitato Nazionale di Bioetica:«Quando cresceranno, devono avere
il diritto di sapere chi li ha concepiti» - Margherita De Bac - 29 settembre
2011
I figli nati «in provetta» devono
sapere la verità MILANO - I figli dell’eterologa hanno il diritto di conoscere
la verità sul proprio concepimento. Devono sapere di essere nati perché i loro
genitori hanno utilizzato gameti (ovociti e spermatozoi) appartenenti a una
donna e un uomo estranei che li hanno donati. Venerdì il Comitato nazionale di
bioetica, il Cnb, potrebbe discutere un parere su «Segreto, anonimato e verità
nella procreazione medicalmente assistita». Il documento contiene un’approfondita
analisi di un problema che interessa anche l’Italia. Malgrado la nostra legge
proibisca il ricorso a tecniche impropriamente chiamate eterologhe, cioè che
prevedono l’uso di materiale biologico non appartenente alla coppia, non sono
rari i casi di bambini italiani concepiti in questo modo all’estero dove non
esistono divieti. Le storie più recenti riguardano due mamme sopra i 57 anni,
rispettivamente di Salerno e Milano, protagoniste di gravidanze molto tardive
che hanno avuto origine molto probabilmente in Paesi poco attenti a rispettare
certi confini.
CADE LA SEGRETEZZA - La posizione
del Cnb da questo punto di vista è stata unanime. I genitori non dovranno
mantenere il silenzio, il principio della segretezza decade rispetto al rischio
che la mancanza di verità faccia scaturire «interrogativi sul proprio essere
con possibili ripercussioni negative sulle relazioni familiari». In conclusione
secondo il Comitato «il segreto sulle modalità della procreazione non viene
ritenuto un’opzione raccomandabile per garantire la stabilità della famiglia e
il diritto al rispetto della vita privata di ciascuno dei suoi componenti. Un
segreto peraltro difficile da mantenere nel tempo». A tale proposito i
genetisti sottolineano la possibilità di acquisire informazioni sulle origini
attraverso le tecniche del Dna. Si insiste poi sulla necessità che il figlio
riceva informazioni con «filtri e criteri appropriati», innanzitutto quando
abbia raggiunto un’età idonea. Viene consigliato il ricorso a una consulenza psicologica.
Sulla segretezza dunque i bioeticisti nazionali si sono mostrati in sintonia. A
prescindere dagli schieramenti tra laici e cattolici, si sono divisi invece
sulla questione dell’anonimato del donatore e sulla possibilità «per il nato di
richiedere più ampie informazioni sulla sua nascita», comprese le generalità
del genitore biologico, il donatore di ovocita o spermatozoo.
RIVELARE TUTTO? Una parte del
Comitato ritiene consigliabile che l’anonimato anagrafico venga consigliato e
che sia consentito al figlio di conoscere soltanto i dati che «a seconda delle
circostanze possano essere necessari per la sua salute psicofisica». Altri
esperti invece hanno insistito sulla necessità del «disvelamento dell’origine»
completo. Prima di raggiungere la bozza che domani verrà presentata con ogni
probabilità all’assemblea il documento è cambiato 14 volte e questo la dice
lunga sulla problematicità di un dibattito che anima laici e cattolici. Tra
l’altro non tutti sono d’accordo nell’uscire pubblicamente con un parere sul
segreto dell’eterologa perché ciò potrebbe significare un indiretto
riconoscimento ad una pratica in Italia non contemplata dalla legge e
nettamente condannata dai cattolici. La Corte Costituzionale dovrà discutere il
ricorso contro il divieto dell’eterologa presentato dai legali di alcuni
pazienti e il Comitato vorrebbe evitare che la sua iniziativa possa in qualche
modo essere considerata un intervento intempestivo. Il vicepresidente del Cnb,
Lorenzo D’Avack, non vuole fare previsioni sul futuro del documento sulla forma
definitiva e tempi d’approvazione. Però commenta: «Sono d’accordo sul principio
dello svelamento del segreto. Il bambino deve sapere la verità sulla sua
nascita come nell’adozione. Personalmente non condivido il pensiero di chi è
favorevole ai dati anagrafici del donatore perché questo potrebbe portare a
un’interazione tra famiglia sociale e famiglia biologica. Non si capisce perché
questo debba succedere dal momento che il donatore non aveva progetti di
genitorialità. Ha soltanto venduto i gameti che impropriamente definiamo come
donati». D’Avack ricorda infine che Paesi pro-eterologa come la Svezia si erano
mossi inizialmente lungo la strada dell’anonimato del donatore e poi hanno
aperto al principio del disvelamento delle origini ritenendolo fondamentale. Da
quando la barriera del silenzio è stata abbattuta i donatori sono calati
drasticamente per timore che un domani possano esser "inseguiti" da
figli biologici.