giovedì 29 settembre 2011


Quando l’amore è «condizionato», di Michele Aramini, Avvenire, 29 settembre 2011-09-29

Hanno suscitato clamore le notizie dei genitori che sono diventati tali pur in età avanzata attraverso la fecondazione eterologa effettuata in Paesi dell’Est.
Giornali e tv hanno dato spazio a esperti di diversi orientamenti per una valutazione di questi casi di genitorinonni. Dall’ascolto di questi dibattiti si possono ricavare due conclusioni: da una parte il riconoscimento della saggezza della legge 40 – nel quadro delle considerazioni svolte in questa pagina – là dove pone un limite di età all’esecuzione delle tecniche di fecondazione artificiale, perché le persone debbono diventare genitori secondo il loro tempo naturale; dall’altra l’impressione insopprimibile che pian piano si voglia sdoganare anche questo tipo di fecondazione artificiale, ricorrendo al mantra del diritto a essere genitori, non importa se arrecando danni ai figli. Per capirci, va ricordato il recente caso di una donna di 67 anni che ha partorito due gemelle, lasciandole orfane dopo solo tre anni.
Anche nel passato molti bambini sono stati allevati dai nonni che supplivano i genitori morti precocemente, per guerre o incidenti, ma si trattava appunto di supplenze necessarie e pertanto non si possono equiparare quelle situazioni con le odierne nascite di bambini da genitori attempati. La differenza fondamentale con l’oggi è il diverso progetto. La vita si allunga, alcune persone trovano tardi l’amore o ne trovano un secondo, o un terzo, e rinasce in loro il desiderio di una impossibile giovinezza, che dovrebbe essere allietata dai figli. Anche in questo caso rimangono trascurati o violati i diritti dei bambini, i veri deboli nel processo di fecondazione artificiale, specialmente nelle sue forme estreme.
In mezzo a una umanità che tutela con impegno le più svariate forme di diritto, i diritti dei nascituri sono sempre meno apprezzati e tutelati.
Vale la pena di ricordare questi diritti misconosciuti dei bambini: al primo posto c’è il diritto alla vita, programmaticamente violato dalle tecniche di fecondazione artificiale; al secondo il diritto a non essere trattati come oggetti, atteggiamento che è generalmente indotto dalla Fivet, perché solo gli oggetti che piacciono hanno diritto a nascere, mentre gli altri vanno scartati.
Al terzo dobbiamo porre il diritto dei figli a nascere dalle persone che formano la coppia e non da sconosciuti che hanno preso soldi per "donare" il seme o l’ovocita. Possiamo aggiungere anche il diritto a nascere da genitori che si amano e che generano figli, perché la generazione di un figlio è il modo più alto di esprimere questo amore. Questo criterio comporta anche il diritto a nascere al "tempo giusto". Le forme estreme di nascita non sono solo forme fuori "tempo massimo", ma con tutta probabilità danno luogo a figli di desideri che hanno qualità umana friabile: desideri di maternità senza partner maschile, voglia di ritrovare una giovinezza passata, eccetera.
Per questo motivo il figlio, al di là della retorica sentimentale, non è amato gratuitamente. È voluto, magari caparbiamente, non per prendere un servizio alla vita ma per colmare desideri insoddisfatti. Se il criterio fosse il servizio alla vita non si violerebbero i diritti dei nascituri. Se il criterio è la propria soddisfazione, tutti gli ostacoli anche di carattere morale si debbono spazzare via. La cosa più grave è che questa logica non è sottostante solo ai casi estremi di Fivet, ma alla Fivet in generale. Sono le stesse tecniche che trasformano l’identità umana del figlio e quella dei genitori. Con la Fivet i genitori sono indotti ad amare il figlio in arrivo solo se è come essi lo desiderano. Lo amano a condizione che... Ma un amore condizionato non è amore. 

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