venerdì 23 settembre 2011


La Cassazione sdogana la convivenza: via l'assegno all'ex che si rifà una vita - Dai giudici l'invito rivolto al Parlamento di mettersi al passo con i tempi di CARLO RIMINI* - 23/09/2011, http://www3.lastampa.it


MILANO
In Cassazione si respira un' aria nuova. È stata infatti depositata nei giorni scorsi una sentenza (relatore Massimo Dogliotti) con cui la suprema Corte fa il punto sulla rilevanza nel nostro ordinamento della convivenza fra persone non unite in matrimonio, giungendo ad affermare che la Costituzione garantisce e tutela la famiglia di fatto, quale formazione sociale in cui si svolge la personalità dell'individuo.

La vicenda concreta di cui la Cassazione si è occupata riguardava due coniugi. Si tratta di un caso piuttosto frequente: la moglie, dopo il divorzio, ha chiesto un assegno per continuare a godere del medesimo tenore di vita che il marito le garantiva durante il matrimonio; il marito si è opposto affermando che la moglie vive stabilmente con un altro uomo. Perché devo continuare a mantenere chi vive con un'altra persona? La questione è semplice, eppure la nostra legge non risponde: la convivenza è irrilevante sino a che non vi è un nuovo matrimonio. L'ex moglie perde dunque il diritto a ricevere un assegno per il proprio mantenimento dal marito solo se si risposa.

Su questo punto interviene la Cassazione affermando che la legge va interpretata in modo ampio negando l'assegno anche all'ex moglie che ha creato una nuova famiglia, ancorché di fatto.

La parte più interessante della sentenza è la motivazione. I giudici ripercorrono con attenzione l'evoluzione della convivenza nella nostra società e nel nostro diritto: mentre un tempo la si considerava in modo certamente negativo (i conviventi, ricorda la Cassazione, venivano detti concubini), oggi è diffusa nel costume sociale ed è non solo tollerata, ma anzi «positivamente connotata». L'analisi della storia del diritto e del costume sociale, inusuale in una sentenza della Cassazione, porta ad una conclusione: la nostra legge non può che recepire «un diverso modello familiare, aperto e comunitario, una sicura valutazione dell'elemento affettivo, rispetto ai vincoli formali e coercitivi». Il lessico è giuridico, ma la sostanza coincide con quanto dicono le coppie che oggi convivono senza sposarsi: «Siamo una famiglia perché ci svegliamo assieme tutte le mattine; non perché lo dice la legge, ma perché lo vogliamo noi giorno dopo giorno».

L'affermazione da parte della Cassazione che anche la famiglia di fatto è oggi tutelata dalla Costituzione contiene un monito al Parlamento: il legislatore non può continuare a coprire con il proprio silenzio alcune evidenti discriminazioni a danno dei conviventi. A questo proposito una lezione viene dall'Inghilterra: una signora di 65 anni, che aveva vissuto assieme al proprio compagno per 40 anni fino alla sua morte, ha ottenuto dalla società multinazionale per cui il convivente lavorava il pagamento della pensione di reversibilità. In Italia aspettiamo la prossima sentenza della Cassazione.

*ordinario di diritto privato nell'Università di Milano

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