mercoledì 28 settembre 2011


RESPONSABILITÀ MEDICA - L'accanimento terapeutico tra reato, torto e inadempimento - Nicola Todeschini, avvocato aderente al network legale CENDON & Partners - (LEX24)28 settembre 2011

Invocato da più parti come nemico dell'eutanasia, e richiamato nelle discussioni, che qui non interessano, relative al testamento biologico, il tema dell'accanimento terapeutico non esaurisce in tali ruoli da non protagonista la sua valenza per il giurista.
Solleva, opportunamente, obiezioni di ordine etico, suscita argomenti di contenuto deontologico ma è -a torto- affrontato per lo più guardando ai suoi riflessi tipici nei procedimenti penali; esemplare in tal senso, la sentenza della IV Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione (R.G. 13746/2011) depositata in data 13/01/2011, che riguarda il c.d. caso Huscher.

Merita quindi di essere riletto, sotto il profilo invece civile, anche per le interessanti implicazioni in tema d'informazione e diritto del paziente ad autodeterminarsi alla cura.
Recentemente, infatti, i mass media hanno dato grande enfasi alla pronuncia poc'anzi richiamata, solleticati verosimilmente pure dalla controversa figura del protagonista della vicenda giudiziaria, rileggendo però a modo loro un caso che non è certo straordinario: le motivazioni addotte dai giudici del merito, per sostenere la condanna per omicidio colposo del noto chirurgo, hanno trovato conferma nella pronuncia di legittimità in quanto improntate al buon senso e suffragate da valutazioni medico legali di segno univoco. L'accanimento è stato riconosciuto -ma solo tra parentesi- nella realizzazione di un intervento chirurgico ritenuto dai consulenti chiaramente inutile; ma la condanna per omicidio colposo è giunta, invece, all'esito dell'accertato errore professionale consistito nel mancato riconoscimento di una lesione, che ha causato poi un'emorragia eziologicamente collegata al decesso della paziente.

Significativo, piuttosto, che a giustificazione delle condotte, e soprattutto delle scelte operate dagli indagati, fosse stato sbandierato un consenso della paziente; a loro dire informato, anche se il rischio che si trattasse di un consenso, come spessissimo accade, solo “firmato”, risulta piuttosto attuale. Curioso pure che si voglia rendere legittimo, attraverso il ricorso alla volontà del paziente, un intervento che si spinge oltre i limiti di prudenza che la stessa deontologia medica individua, stigmatizzando i trattamenti che risultino ispirati a forme di inutile accanimento diagnostico e terapeutico.

Bistrattato e calpestato non solo nella pratica, ma pure in alcune pronunce che ancora non ne comprendono del tutto il ruolo, il diritto del paziente di autodeterminarsi consapevolmente alla cura vive stravaganti momenti di protagonismo. La stravaganza consiste nella sua fulgida vivacità, della quale nessuno pare dubitare allorché si vuole fondare, giustamente, sulla autonomia decisionale del paziente il principio di autodeterminazione in tema di scelte di fine vita, alla quale si contrappone la sua insignificante autorità che deriva, per contro, da quelle pronunce di merito e legittimità che ne disegnano la forza -costituzionale- sottraendogli però ogni potere -pratico- nel sinallagma. Alludo a quelle pronunce che affermano il rilievo costituzionale del consenso assegnandogli però ruoli di comparsa: accade quando, per esempio, al dovere d'informare si crediti ruolo solo precontrattuale, o quando, ritenendo di operare sforzi apprezzabili, si sposta il fuoco delle rilevanza all'interno dell'obbligazione assegnandovi però ruolo -solo- accessorio ad essa e negando autonomia anche risarcitoria alla sua violazione.

Una luce traspare purtuttavia nell'importante arresto della terza sezione civile della Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. III, 9 febbraio 2010, n. 2847 - "Violazione del dovere d'informare e risarcimento del danno", di Nicola Todeschini) ove si intravede finalmente la forma definitiva, che attendiamo da anni, da assegnare al ruolo dell'informazione nel rapporto obbligatorio che si instaura tra medico-struttura e paziente; un ruolo finalmente autonomo, che trova riconoscimento negli artt.li 32 e 13 della Costituzione, che non attiene quindi solo alla salute ma pure alla libertà dell'individuo e che sa provocare adeguati ed altrettanto autonomi interventi rimediali allorché sia negata al paziente.

Il c.d. accanimento terapeutico, che può assumere le perigliose vesti dell'arroganza terapeutica, oltre ad essere possibile ingrediente di condotte di reato, sotto il profilo civile consiste in una violazione pervicace della diligenza di cui all'art. 1176, II c., cod. civ.
Come è noto, la diligenza si atteggia, ad un tempo, quale criterio di responsabilità e regola per determinare il contenuto dell'obbligazione consentendo di guardare alla prestazione, pur con il temperamento che nel secondo comma è contemplato, e che trova conferma nell'art. 2236 cod. civ., con il necessario filtro in grado di mettere in risalto i profili dell'inadempimento.
Accanirsi significa infatti violare, tra le altre, le regole della prudenza, imposte dall'art. 1176 cod. civ. ed espressione della diligenza; se, come spesso accade, l'accanimento trova occasione di espressione grazie al difetto d'informazione, la diligenza è pure violata dal mancato rispetto del principio, di valenza costituzionale, di autodeterminazione del paziente alla cura e determina, quindi, in entrambi i casi, un inadempimento grave che legittima pure i rimedi della risoluzione del contratto oltre a consentire la formulazione di apposite ed autonome richieste di risarcimento del danno.





La sentenza n. 2847/2010 in dettaglio


Corte di Cassazione, Sezione 3 Civile, Sentenza 9 febbraio 2010, n. 2847

Responsabilità civile - Professionisti - Attività medico-chirurgica - Atto terapeutico correttamente eseguito - Conseguenze dannose per la salute - Inadempimento dell'obbligo di adeguata informazione preventiva sulle possibili conseguenze pregiudizievoli - Responsabilità del medico per i danni alla salute - Limiti - Onere della prova a carico del paziente - Contenuto.

In tema di responsabilità professionale del medico, in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito in base alle regole dell'arte, dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento non sia stato preceduto da un'adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute.




Responsabilità civile - Professionisti - Attività medico-chirurgica - Obbligo di informazione - Violazione - Assenza di danno alla salute - Obbligazione risarcitoria a carico del medico - Sussistenza - Limiti - Fondamento - Danno di apprezzabile gravità - Necessità - Contenuto.

In tema di responsabilità professionale del medico, l'inadempimento dell'obbligo di informazione sussistente nei confronti del paziente può assumere rilievo a fini risarcitori - anche in assenza di un danno alla salute o in presenza di un danno alla salute non ricollegabile alla lesione del diritto all'informazione - tutte le volte in cui siano configurabili, a carico del paziente, conseguenze pregiudizievoli di carattere non patrimoniale di apprezzabile gravità derivanti dalla violazione del diritto fondamentale all'autodeterminazione in se stesso considerato, sempre che tale danno superi la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale e che non sia futile, ossia consistente in meri disagi o fastidi.




Responsabilità civile - Professionisti - Attività medico-chirurgica - Attività di diagnosi ed illustrazione delle conseguenze di una terapia o di un intervento - Consenso informato - Responsabilità del medico - Natura contrattuale - Sussistenza - Conseguenze in tema di onere della prova.

La responsabilità professionale del medico - ove pure egli si limiti alla diagnosi ed all'illustrazione al paziente delle conseguenze della terapia o dell'intervento che ritenga di dover compiere, allo scopo di ottenerne il necessario consenso informato - ha natura contrattuale e non precontrattuale; ne consegue che, a fronte dell'allegazione, da parte del paziente, dell'inadempimento dell'obbligo di informazione, è il medico gravato dell'onere della prova di aver adempiuto tale obbligazione.




Professioni sanitarie - Rapporto medico-paziente - Consenso informato - Omessa acquisizione - Corretta esecuzione della prestazione medica - Danno alla salute - Rilevanza ai fini risarcitori - Condizioni e limiti.

Nell'ambito del rapporto di tipo contrattuale che si instaura tra medico e paziente, l'omessa acquisizione del consenso da parte del medico può assumere rilevanza risarcitoria del danno alla salute in capo al paziente, pur quando la prestazione sia stata correttamente eseguita, ma grava sul paziente l'onere di allegazione e prova che l'avrebbe rifiutata se adeguatamente informato.



Professioni sanitarie - Rapporto medico-paziente - Consenso informato - Omessa acquisizione - Lesione diritto all'autodeterminazione del paziente - Sussiste - Condizioni e limiti

Nell'ambito del rapporto di tipo contrattuale che si instaura tra medico e pazlente, l'omessa acquisizione da parte del primo del consenso informato del secondo determina la lesione del diritto di autodeterminazione del paziente, da ciò discende uno stato di turbamento di intensità correlata alla gravità delle conseguenze verificatesi e non prospettate come possibili, la cui risarcibilità in termini di danno non patrimoniale è subordinata alla condizione che esso varchi la soglia della gravità dell'offesa.



Professioni sanitarie - Rapporto medico-paziente - Consenso informato - Onere della prova - Competenza del medico.

Nell'ambito del rapporto di tipo contrattuale che si instaura tra medico e paziente, l'illustrazione a quest'ultimo delle conseguenze (certe o incerte che siano, purché non del tutto anomale) della terapia o dell'intervento che il medico consideri necessari o opportuni al fine di ottenere, quante volte sia possibile, il consenso del paziente all'esecuzione della prestazione terapeutica, costituisce un 'obbligatone il cui adempimento deve essere provato dal medico a fronte dell'allegazione di inadempimento da parte del paziente.



Professioni intellettuali - Medico e chirurgo - Rapportoi medico-paziente - Consenso informato - Mancata acquisizione - Lesione del diritto alla salute - Risarcibilità - Onere di allegazione e prova 

In caso di mancata acquisizione del consenso da parte del medico, quest'ultimo può essere chiamato a risarcire il danno alla salute verificatosi in capo al paziente, ancorché la prestazione sia stata correttamente eseguita, ma grava sul paziente l'onere di allegazione e prova che l'avrebbe rifiutata se adeguatamente informato.



Professionali intellettuali - Medico e chirurgo - Rapporto medico-paziente - Consenso informato - Mancata acquisizione - Lesione del diritto all'autodeterminazione - Turbamento - Danno non patrimoniale - Risarcibilità - Condizioni.

La mancata acquisizione del consenso informato da parte del medico determina la lesione del diritto all'autodeterminazione del paziente, da cui deriva, nella prevalenza dei casi, uno stato di turbamento di intensità correlata alla gravita delle conseguenze verificatesi: non prospettate come possibili, il quale è risarcibile, purché, in caso di reclamato danno non patrimoniale, varchi la soglia della gravita dell'offesa.



Professionali intellettuali - Medico e chirurgo - Rapporto medico-paziente - Consenso informato - Onere della prova

Nel rapporto medico-paziente grava sul primo l'onere della prova di aver compiutamente informato il secondo in merito alle conseguenze, purché non del tutto anomale, della terapia o dell'intervento.




Responsabilità professionale - Consenso informato - Medico - Adeguata informazione - Omissione - Intervento necessario ed eseguito correttamente - Risarcibilità - Soltanto previa valutazione dell'eventuale rifiuto del paziente in caso di informazione completa

La risarcibilità del danno da lesione della salute che si venfichi per le imprevedibili conseguenze dell'atto terapeutico necessario e correttamente eseguito secundum legem artis, ma tuttavia effettuato senza la preventiva informazione del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli e dunque senza un consenso consapevolmente prestato, necessariamente presuppone l'accertamento che il paziente quel determinato intervento avrebbe rifiutato se fosse stato adeguatamente informato.



Responsabilità professionale - Consenso informato - Medico - Obbligo - Omissione - Intervento eseguito correttamente - Irrilevanza - Responsabilità - Sussiste

La mancata richiesta del consenso costituisce autonoma fonte di responsabilità qualora dall'intervento scaturiscano effetti lesivi, o addirittura mortali, per il paziente, per cui nessun rilievo può avere il fatto che l'intervento medesimo sia stato eseguito in modo corretto, ciò sull'implicito rilievo che, in difetto di consenso informato da parte del paziente, l'intervento terapeutico costituisce un illecito, sicché il medico risponde delle conseguenze negative che ne siano derivate quand'anche abbia correttamente eseguito quella prestazione.



Responsabilità professionale - Natura giuridica - Medico - Natura contrattuale - Art. 1218 c.c. - Conseguenza - Onere della prova - Criterio distributivo.

L'intervento del medico, anche solo in funzione diagnostica, da comunque luogo all'instaurazione di un rapporto di tipo contrattuale. Ne consegue che, effettuata la diagnosi in esecuzione del contratto, l'illustrazione al paziente della terapia o dell'intervento che il medico consideri necessari o opportuni ai fini di ottenere, quante volte sia possibile, il necessario consenso del paziente all'esecuzione della prestazione terapeutica costituisce un'obbligazione il cui adempimento deve essere provato dalla parte che l'altra affermi inadempiente, e dunque del medico a fronte dell'allegazione di inadempimento da parte del paziente.

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