lunedì 26 settembre 2011


Interpellanza aborto farmacologico on. Polledri - 08/10/2009 - Dati e modalità di ricorso all'aborto farmacologico attraverso la procedura d'importazione del farmaco prevista dal decreto ministeriale 11 febbraio 1997 - 2-00488

Signor Presidente, non esistono attualmente rilevazioni sistematiche sulla pratica e le procedure di aborto farmacologico mediante Mifegyne, il farmaco abortivo noto come Ru486, perché al momento non è ancora commercializzato in Italia.
Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali quest'anno ha quindi chiesto direttamente alle regioni, le cui strutture/aziende sanitarie avevano chiesto l'importazione diretta del Mifegyne, il numero di interventi effettuati con tale metodica e le modalità d'uso: i dati resi disponibili riguardano solamente il numero di IVG effettuate secondo tale metodo. I dati sono forniti su base volontaria, cioè non c'era alcun obbligo a fornirli, e quindi sono parziali, non tutte le regioni hanno risposto.
Al fine di rendere sistematico il rilevamento di tale dato abbiamo previsto di introdurre dal 2010, nella scheda ISTAT D12 allegata alla Relazione annuale al Parlamento sull'attuazione della legge n. 194 del 1978, che è la scheda di rilevazione dei dati, la variabile riferita alla rilevazione del metodo farmacologico. Tale dato, incrociato poi con il dato «complicanze», potrà darci notizie sulle eventuali complicanze riconducibili alle differenti metodiche adottate.
Le informazioni attualmente a disposizione sono riferite nella relazione annuale del Ministro sulla legge n. 194 del 1978 presentata lo scorso 29 luglio 2009, nella quale è riportato quanto segue.
Dal 2005 in alcune regioni è stato proposto l'approccio farmacologico per Pag. 43l'interruzione di gravidanza attraverso l'importazione diretta, cioè per singoli pazienti, utilizzando la cosiddetta legge Di Bella (non si tratta quindi di sperimentazioni ufficiali, per le quali invece sarebbe previsto un protocollo firmato con il Ministero competente).
Da quanto riferito dalle regioni, nel 2005 il mifepristone per l'aborto medico è stato utilizzato in due regioni (Piemonte e Toscana), per un totale di 132 casi; nel 2006 in quattro regioni ed una provincia autonoma (Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Marche e Trento), per un totale di 1.151 casi (pari allo 0,9 per cento delle IVG effettuate); nel 2007 in quattro regioni ed una provincia autonoma (Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Puglia e Trento), per un totale di 1.010 casi (lo 0,8 per cento di tutte le IVG).
I dati forniti da alcune regioni in cui è stato applicato il metodo farmacologico indicano, per lo più, una prassi di ricovero in day hospital: in Emila-Romagna, per esempio, il profilo di assistenza per le IVG con metodo farmacologico che l'assessorato politiche per la salute della regione ha trasmesso alle aziende sanitarie regionali prevede due accessi in day hospital a distanza di due giorni per la somministrazione dei due farmaci, oltre ad una visita ambulatoriale di controllo nella quattordicesima giornata.
Relativamente al 2007, su 563 IVG effettuate con metodo farmacologico solo per una si è verificato un ricovero di due giorni: le altre 562 sono state effettuate in regime di ricovero in day hospital, come previsto appunto dall'assessorato regionale. In 37 casi (pari al 6,6 per cento), alla procedura farmacologica ha fatto seguito una revisione di cavità causa mancato o incompleto aborto.
Anche in provincia di Trento la modalità di applicazione del metodo farmacologico è il day hospital: in prima giornata la donna rimane quattro ore; il terzo giorno - che corrisponde al secondo day hospital - la donna rimane sette ore; il terzo day hospital viene effettuato a distanza di quindici giorni dal secondo accesso e la donna rimane un'ora (nel 2007 le IVG con questo metodo sono state 153).
È evidente la discrepanza fra l'uso, segnalato, che si fa di prassi di questa procedura abortiva e quello consigliato da due diversi pareri del Consiglio superiore di sanità.
In particolare, secondo il parere del 18 marzo 2004 «i rischi connessi all'interruzione farmacologica della gravidanza si possono considerare equivalenti alla interruzione chirurgica solo se l'interruzione di gravidanza avviene in ambito ospedaliero». Tra le motivazioni addotte vi è «la non prevedibilità del momento in cui avviene l'aborto» e «il rispetto della legislazione vigente che prevede che l'aborto avvenga in ambito ospedaliero».
Secondo il successivo parere del 20 dicembre 2005, ancora più esplicito, «l'associazione di mifepristone e misoprostolo deve essere somministrata in ospedale pubblico o in altra struttura prevista dalla predetta legge e la donna deve essere ivi trattenuta fino ad aborto avvenuto».
Per quanto concerne poi l'adeguatezza della prassi clinica seguita nelle strutture ospedaliere, attualmente non è ancora completata la procedura di immissione in commercio del mifegyne in Italia: in data 19 ottobre prossimo venturo il consiglio di amministrazione dell'Aifa si riunirà per dare mandato al direttore Guido Rasi di formulare la determina tecnica con la quale saranno stabilite le modalità specifiche di utilizzo del farmaco abortivo (non vi è quindi ancora un protocollo di uso del farmaco previsto dall'Aifa a livello nazionale).
Già in data 30 luglio 2009, comunque, il consiglio di amministrazione dell'Aifa, dopo aver deliberato l'approvazione per l'autorizzazione all'immissione in commercio del farmaco RU486, ha precisato - attraverso un comunicato stampa - che, a garanzia e a tutela della salute della donna, l'utilizzo del farmaco è subordinato al rigoroso rispetto della legge per l'interruzione volontaria della gravidanza, con particolare riguardo al ricovero in struttura sanitaria e alla stretta sorveglianza del personale sanitario. Pag. 44
Come è noto, è in corso un'indagine conoscitiva presso la Commissione sanità al Senato sulla procedura di aborto farmacologico mediante mifepristone e prostaglandine - percorso genericamente indicato come pillola abortiva RU 486 - e valutazione della coerenza delle procedure proposte con la legislazione vigente, organizzazione dei percorsi clinici e valutazione dei dati epidemiologici anche in relazione agli studi internazionali sul rapporto rischio/benefici (questo è il titolo e lo scopo dell'indagine), volta a chiarire la congruità del metodo abortivo farmacologico con la normativa vigente sulla IVG, e con i pareri espressi a riguardo dagli organismi competenti.
Audito nell'ambito di tale indagine, il Ministro Sacconi ha già dichiarato che, nel rispetto di quanto previsto dalla legge n. 194 del 1978 e dei sopra citati pareri del Consiglio superiore di sanità in materia, l'impiego del farmaco deve quindi avvenire esclusivamente in ambito ospedaliero (o in altra struttura prevista dalla predetta legge) in regime di ricovero ordinario.
Il Ministero, d'intesa con la Conferenza Stato - regioni e sulla base delle indicazioni che verranno dalla determina dell'Aifa, definirà quindi una modalità di attuazione della procedura abortiva farmacologica, in coerenza con la legge n. 194 del 1978, e potrà ipotizzare modalità di monitoraggio, in stretta collaborazione con le regioni, nel rispetto dell'autonomia organizzativa e gestionale delle stesse, che consentano di verificare il grado di effettività del rispetto della legge stessa. Qualora questa effettività non si realizzasse si porrebbe la necessità di idonei interventi finalizzati al concreto rispetto della summenzionata legge.


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