venerdì 30 settembre 2011


«No al segreto sull’eterologa: dire tutta la verità ai figli in provetta» - Il Comitato Nazionale di Bioetica:«Quando cresceranno, devono avere il diritto di sapere chi li ha concepiti» - Margherita De Bac - 29 settembre 2011

I figli nati «in provetta» devono sapere la verità MILANO - I figli dell’eterologa hanno il diritto di conoscere la verità sul proprio concepimento. Devono sapere di essere nati perché i loro genitori hanno utilizzato gameti (ovociti e spermatozoi) appartenenti a una donna e un uomo estranei che li hanno donati. Venerdì il Comitato nazionale di bioetica, il Cnb, potrebbe discutere un parere su «Segreto, anonimato e verità nella procreazione medicalmente assistita». Il documento contiene un’approfondita analisi di un problema che interessa anche l’Italia. Malgrado la nostra legge proibisca il ricorso a tecniche impropriamente chiamate eterologhe, cioè che prevedono l’uso di materiale biologico non appartenente alla coppia, non sono rari i casi di bambini italiani concepiti in questo modo all’estero dove non esistono divieti. Le storie più recenti riguardano due mamme sopra i 57 anni, rispettivamente di Salerno e Milano, protagoniste di gravidanze molto tardive che hanno avuto origine molto probabilmente in Paesi poco attenti a rispettare certi confini.
CADE LA SEGRETEZZA - La posizione del Cnb da questo punto di vista è stata unanime. I genitori non dovranno mantenere il silenzio, il principio della segretezza decade rispetto al rischio che la mancanza di verità faccia scaturire «interrogativi sul proprio essere con possibili ripercussioni negative sulle relazioni familiari». In conclusione secondo il Comitato «il segreto sulle modalità della procreazione non viene ritenuto un’opzione raccomandabile per garantire la stabilità della famiglia e il diritto al rispetto della vita privata di ciascuno dei suoi componenti. Un segreto peraltro difficile da mantenere nel tempo». A tale proposito i genetisti sottolineano la possibilità di acquisire informazioni sulle origini attraverso le tecniche del Dna. Si insiste poi sulla necessità che il figlio riceva informazioni con «filtri e criteri appropriati», innanzitutto quando abbia raggiunto un’età idonea. Viene consigliato il ricorso a una consulenza psicologica. Sulla segretezza dunque i bioeticisti nazionali si sono mostrati in sintonia. A prescindere dagli schieramenti tra laici e cattolici, si sono divisi invece sulla questione dell’anonimato del donatore e sulla possibilità «per il nato di richiedere più ampie informazioni sulla sua nascita», comprese le generalità del genitore biologico, il donatore di ovocita o spermatozoo.


RIVELARE TUTTO? Una parte del Comitato ritiene consigliabile che l’anonimato anagrafico venga consigliato e che sia consentito al figlio di conoscere soltanto i dati che «a seconda delle circostanze possano essere necessari per la sua salute psicofisica». Altri esperti invece hanno insistito sulla necessità del «disvelamento dell’origine» completo. Prima di raggiungere la bozza che domani verrà presentata con ogni probabilità all’assemblea il documento è cambiato 14 volte e questo la dice lunga sulla problematicità di un dibattito che anima laici e cattolici. Tra l’altro non tutti sono d’accordo nell’uscire pubblicamente con un parere sul segreto dell’eterologa perché ciò potrebbe significare un indiretto riconoscimento ad una pratica in Italia non contemplata dalla legge e nettamente condannata dai cattolici. La Corte Costituzionale dovrà discutere il ricorso contro il divieto dell’eterologa presentato dai legali di alcuni pazienti e il Comitato vorrebbe evitare che la sua iniziativa possa in qualche modo essere considerata un intervento intempestivo. Il vicepresidente del Cnb, Lorenzo D’Avack, non vuole fare previsioni sul futuro del documento sulla forma definitiva e tempi d’approvazione. Però commenta: «Sono d’accordo sul principio dello svelamento del segreto. Il bambino deve sapere la verità sulla sua nascita come nell’adozione. Personalmente non condivido il pensiero di chi è favorevole ai dati anagrafici del donatore perché questo potrebbe portare a un’interazione tra famiglia sociale e famiglia biologica. Non si capisce perché questo debba succedere dal momento che il donatore non aveva progetti di genitorialità. Ha soltanto venduto i gameti che impropriamente definiamo come donati». D’Avack ricorda infine che Paesi pro-eterologa come la Svezia si erano mossi inizialmente lungo la strada dell’anonimato del donatore e poi hanno aperto al principio del disvelamento delle origini ritenendolo fondamentale. Da quando la barriera del silenzio è stata abbattuta i donatori sono calati drasticamente per timore che un domani possano esser "inseguiti" da figli biologici.

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