giovedì 24 febbraio 2011

Il congresso - Il benessere? Passa da un’etica rinnovata - Alla Pontificia Università della Santa Croce a Roma due giorni di confronto sul pensiero bioetico Sgreccia: l’aborto, immane delitto «Occorre rafforzare il legame dell’uomo con il suo Creatore» E la tecnica non può dettare l’agenda dei comportamenti di Graziella Melina, Avvenire, 24 febbraio 2011

In Italia negli ultimi 30 anni «abbiamo perduto 5 milioni di persone». Un «immane delitto» da addebitare al ricorso che si è fatto all’aborto, ma che è senza dubbio il risultato di quello che l’era secolare ha portato con sé: una «perdita di orizzonte», «un’incapacità della società a trovarsi un equilibrio». Nella lectio introduttiva all’VIII Congresso internazionale della Fibip (la Federazione internazionale dei Centri e Istituti di bioetica personalistica), martedì e ieri a Roma, alla Pontificia Università della Santa Croce, sul tema «Il pensiero bioetico contemporaneo», il cardinale Elio Sgreccia, presidente del comitato scientifico della federazione che raccoglie oltre 40 centri italiani e stranieri di bioetica, è partito proprio da dati di fatto: «Crollano i matrimoni, anche civili. Si esige la liberalizzazione di cose come aborto, eutanasia. Oppure il matrimonio tra persone dello stesso sesso». uando è comparsa «l’enciclica Evangelium vitae – ha ricordato – Giovanni Paolo II auspicava che ci fosse un rinnovamento forte. Sperava di vedere una ripresa». E invece ora «la situazione sul campo storico non è migliorata, in qualsiasi continente».

La causa di fondo è insomma «un affievolimento della considerazione del valore dell’uomo e della persona umana. C’è una deriva delle forze senza guida», ha rimarcato Sgreccia, ma per uscirne «bisogna rafforzare il legame dell’uomo con l’essere e l’azione del suo Creatore che pone in atto il nostro essere e continua a guidarlo».A dare manforte a questa deriva sono senz’altro le tecnoscienze. «Oggi – ha spiegato infatti Giorgio Israel dell’Università 'La Sapienza' di Roma – stiamo assistendo a qualcosa che ribalta la concezione classica della scienza. C’è l’idea che la tecnica può andare avanti da sola». Con conseguenze molto importanti sul piano dell’etica: «la tecnoscienza investe l’essere umano, considera l’uomo come un complesso biologico modificabile», «assoggettabile a un’analisi dello stesso tipo dei fenomeni inanimati e della natura».

Sta prevalendo insomma l’idea che «si possa costruire un’etica sulla base delle tecnologie», per arrivare ad accettare la «distruzione della dimensione antropologica».

«La vita umana – ha poi sottolineato Sergio Belardinelli, dell’Università di Bologna 'Alma Mater' – è sempre più sottomessa alle istanze di un potere che pretende di definirne i contorni in termini puramente funzionali, quindi senza alcun riferimento all’umanità», che invece «dovrebbe rappresentare il presupposto indisponibile di qualsiasi funzionalizzazione». Piuttosto che al 'bene umano' e al 'bene comune', «tutto viene ricondotto al più radicale individualismo, nella convinzione che ognuno debba poter realizzare come, dove e quando vuole, i propri desideri di felicità». Non solo, stiamo assistendo ad una manipolazione della verità, come ha poi ribadito Maria Luisa Di Pietro, dell’Istituto di igiene dell’Università Cattolica di Roma. «Spesso la parola è strumento di dominio per addolcire la realtà.

Dobbiamo stare in guardia – ha ammonito – dagli equivoci semantici come eutanasia, oppure ai neologismi come contraccezione di emergenza».

D’altro canto, l’informazione su questi temi «è diventata sempre più emotiva». «Non conta più ciò che è vero – ha spiegato il giornalista di Avvenire Francesco Ognibene – ma quanto si riesce a scuotere l’opinione pubblica». Di fronte dunque alla «possibilità tecnica di distruggere l’umanità e scivolare nella disumanizzazione», ha quindi messo in guardia Gioacchino Spagnolo, dell’Istituto di bioetica dell’Università Cattolica di Roma, «c’è bisogno di una biologia e una antropologia più ricca e naturale. Di un’etica del benessere umano non solo sul piano fisico» che sappiano garantire «la dignità umana».

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