martedì 17 maggio 2011

Ora si vuol far sparire l’aborto dalle coscienze - La legge 194 voleva portare l’interruzione di gravidanza sotto il controllo dello Stato rendendola «pubblica» Ora gli eredi del movimento che si batté per legalizzare gli aborti spingono per ricacciarlo nel privato e farlo scomparire con la diffusione di varie pillole di Emanuela Vinai, Avvenire, 12 maggio 2011

La deriva più recente dell’aborto è il tentativo di cancellarlo dalle coscienze, facendone venir meno la visibilità, in un progetto di "privatizzazione" che lo rende nascosto. Le modalità con cui effettuare questa distorsione sono molte e la Ru486, a opinione degli esperti, vi si inserisce a buon diritto. Ne è convinto Lucio Romano, ginecologo della "Federico II" di Napoli e co-presidente nazionale dell’Associazione Scienza & Vita: «La tecnica di somministrazione della Ru486 comporta un processo che si traduce nell’abbandono della donna, che si trova ad affrontare l’aborto in solitudine».
Non abbassare la guardia, quindi, sull’utilizzo e la diffusione dell’abortivo, come suggerisce Nicola Natale, già primario di Ostetricia e ginecologia e presidente del recente Congresso nazionale della Sigo: «La disposizione dell’Aifa è molto chiara in proposito: la Ru486 può essere usata solo in ambito ospedaliero. Ma non possiamo escludere che in futuro, sopito il rumore che ne ha accompagnato la messa in commercio, la disposizione dell’Aifa venga allargata ai consultori o ai distretti o ad altre strutture ambulatoriali.
Questo passaggio potrebbe rappresentare il grimaldello per portare l’aborto fuori dal controllo sociale».
Questo è tanto più rilevante se si considerano le implicazioni sociali dell’aborto. Come sottolinea Romano, «si è invertita quella cultura della socializzazione che rappresentava una sorta di corresponsabilizzazione per un evento di per sé drammatico e dalle inevitabili conseguenze anche sotto il profilo psicologico, basti vedere l’incidenza delle sindromi post abortive».
Altro aspetto da non sottovalutare: all’epoca dell’emanazione della legge 194, lo Stato si era in un certo modo fatto garante della corretta attuazione della legge attraverso la sua applicazione nelle sole strutture sanitarie.
«Nonostante le indicazioni fornite ripetutamente – ricorda il presidente di Scienza & Vita – anche dallo stesso Consiglio superiore di sanità, l’ospedalizzazione delle procedure dell’aborto chimico è del tutto disattesa».
Oggi, infatti, grazie alla RU486 e una firma su un modulo, il rischio è forse che lo Stato arretri rispetto al proprio ruolo. «Non credo che lo Stato voglia abdicare alla sua funzione di garante e controllore sociale del fenomeno aborto – afferma Natale –. Ne sono un esempio proprio le linee guida: in questo caso sono vere e proprie prescrizioni la cui inosservanza è punibile per legge (come previsto dalla legge 194). Ma sicuramente, quanto più semplice è l’esecuzione dell’aborto, tanto più facilmente esso verrà banalizzato». Con tutte le conseguenze del caso. «Anche alla luce dei recentissimi dati della letteratura scientifica – evidenzia Romano – il numero di complicazioni nell’aborto chimico è di gran lunga superiore rispetto all’aborto chirurgico e richiede un supplemento di attenzione e controlli sanitari».
Non è tutto: la Ru486, spesso confusa con la "pillola del giorno dopo", è diventata, soprattutto per i più giovani, uno strumento di autogestione.
Le ricette per far fronte alla situazione non possono essere nel segno della deresponsabilizzazione, anzi. Il rischio infatti è che la confusione aumenti ancor più «con l’introduzione della pillola dei cinque giorni dopo (EllaOne) – continua Romano – che contiene una molecola dello stesso gruppo farmacologico della Ru486 e che svolge un’azione sicuramente abortiva addirittura fino al quinto giorno quando, avvenuta la fecondazione, l’embrione si appresta ad annidarsi nell’utero. Con questa cultura, l’aborto entra nel pensiero comune come un metodo contraccettivo».
La prevenzione si fa, sempre ecomunque, puntando sull’educazione, senza stancarsi di ripetere che l’embrione è un essere umano. «Se vogliamo costruire il futuro dobbiamo piantare un uomo – conclude Natale –. In altri termini, solo puntando sull’educazione possiamo trasmettere messaggi appropriati per una corretta educazione alla vita, al rispetto di quel piccolo uomo che è dentro ogni donna che ha concepito».

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