Cavalli Sforza: «la fine del determinismo genetico» di Enzo Pennetta, biologo,
10 maggio, 2012, http://www.uccronline.it
In un articolo su la Repubblica
Francesco e Luca Cavalli Sforza affrontano la fine del determinismo genetico
alla luce dello studio dei meccanismi epigenetici. L’articolo è apparso Col titolo
“Quando l’apprendimento può essere trasmesso” e l’argomento affrontato sono le
nuove conoscenze sull’epigenetica, la trasmissione di caratteri sviluppati nel
corso della vita.
L’articolo inizia con una
sintetica ed efficace esposizione dell’epigenetica: «Le nostre attività,
quindi, oppure agenti patogeni cui siamo esposti, o ciò che mangiamo, possono
modificare il modo in cui lavorano le nostre cellule. I cambiamenti non incidono
sulla sequenza di DNA, che rimane immutata, ma sono trasmessi alle cellule
figlie insieme al DNA della cellula madre, quando questa si divide».
L’importanza dell’epigenetica in ambito antropologico è nell’aver
definitivamente smentito l’idea che analizzando il DNA di una persona fosse
possibile determinarne tutte le caratteristiche, un’idea che unitamente
all’affermarsi dell’evoluzionismo darwiniano per selezione naturale, era stata
sin dall’inizio del ’900 all’origine della triste vicenda delle politiche
eugenetiche.
Ma se il determinismo genetico
viene oggi definitivamente confutato, in passato ha giustificato le politiche
eugeniste che enormi drammi hanno provocato su entrambe le coste
dell’Atlantico, andando dalla discriminazione verso gli immigranti avvenuta
negli USA nella prima metà del XX secolo, alle più tristemente conosciute
politiche eugenetiche della Germania nazista. Ma l’eugenetica ha continuato ad
essere operante anche in Svezia, dove fino agli anni ’70 il Nobel per la pace
(sic!) del 1982, Alva Mydral, proponeva politiche eugeniste di sterilizzazione
forzata e di promozione del razzismo, idee che come abbiamo visto non solo non
le impedirono di ricevere il Nobel per la pace, ma non le impedirono neanche di
divenire presidente della sezione scientifica dell’UNESCO dal 1950 al 1955.
In nome del determinismo genetico
si riteneva inutile spendere soldi e tempo per l’educazione dei figli di
persone che “non avrebbero mai dovuto diventare genitori”, affermava nel 1922
Margaret Sanger la paladina della società basata sull’eugenetica e fondatrice
di Planned Parenthood, la più grande industria dell’aborto oggi prendete al
mondo. La scoperta dell’ereditarietà epigenetica rende adesso ancor più assurdo
tutto questo. Le caratteristiche che
facevano etichettare come “deboli di mente” e spesso dichiarare “indesiderati”
il 79% degli emigranti italiani, l’87% di quelli russi o l’83% degli ebrei,
oltre ad essere frutto di discutibili test d’intelligenza, potevano essere
causate da fattori epigenetici, dalle condizioni di miseria in cui quelle
persone erano vissute, persone che dopo essere state relegate agli ultimi posti
di una società piena di disuguaglianze, venivano anche “punite” come portatrici
di caratteri negativi da eliminare con l’isolamento e la sterilizzazione.
Adesso, all’inizio del XXI
secolo, la scoperta dei meccanismi epigenetici ci mette in condizione di
liberarci dai dogmi che vedono tutto scritto nel DNA, il “gene egoista” di
Richard Dawkins e le conseguenze di un approccio deterministico possono dunque
essere messe da parte: l’ambiente e le condizioni sociali sono determinanti. La
sopravvalutazione del determinismo genetico e della selezione naturale ha però
portato a delle degenerazioni di cui la biologia del XX secolo è stata
responsabile o quantomeno corresponsabile, e per le quali dovrebbe “chiedere
scusa”, dovrebbe porgere quelle scuse che a volte vengono chieste alle
religioni e che stavolta sarebbe giusto che la “scienza” offrisse a coloro che,
in nome dell’eugenetica, sono stati perseguitati.
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