Sì alla prima pillola che previene il contagio dell’Aids, 12 maggio
2012, http://www.quotidianamente.net
A 30 anni dalla scoperta
dell’Aids e dopo oltre 46 milioni di morti in tutto il mondo, la sindrome da
immunodeficienza acquisita è finalmente giunta a una svolta epocale. Un panel
di esperti Usa che fanno capo all’ente statunitense per il controllo dei farmaci
Fda (Food and drug administration) ha espresso il primo sì all’utilizzo di
Truvada, una pillola in grado di prevenire l’infezione da Hiv nei soggetti
sani. Prodotta dalla californiana Gilead Sciences Inc., Truvada è in uso dal
2004 per curare gli individui sieropositivi al prezzo astronomico di 11-14 mila
dollari l’anno (600 mila nel corso di una vita). Fino ad oggi non è stata
approvata dall’Fda per la prevenzione dell’Aids anche se uno studio del 2010 ne
ha dimostrato l’efficacia nel ridurre i pericoli di contagio tra i gay e le
coppie etero in cui un partner è sieropositivo, rispettivamente del 44% e del
75%. Truvada prevede la combinazione di due farmaci (emtricitabina e tenofovir)
che hanno la funzione di interferire con l’abilità del virus Hiv di replicarsi
nelle cellule, e rappresenta un approccio di profilassi da pre-esposizione,
priva di effetti collaterali. Secondo gli esperti della Fda, il farmaco
dovrebbe essere approvato per persone sane ma a rischio di contrarre il virus,
soprattutto uomini omosessuali e bisex e donne con partner sieropositivi. La
decisione finale dell’ente federale, attesa entro il 15 di giugno, si prevede
positiva. «Siamo alla vigilia di una svolta storica», afferma Lisa Sterman,
famosa dottoressa di Castro Street, il quartiere gay di San Francisco. «È la
prima volta in 30 anni che si parla di un farmaco per la prevenzione dell’Hiv
». Ma in un’America dove 1,2milioni di persone sono sieropositive e 50 mila
nuove infezioni vengono diagnosticate ogni anno, la comunità gay si è già
spaccata in due. «Truvada sarà una catastrofe per la prevenzione dell’Hiv»,
tuona Michael Weinstein, presidente della Aids Healthcare Foundation, il più
grande provider di cure anti-Aids degli Usa, secondo cui il farmaco finirà per
«incoraggiare comportamenti a rischio, smantellando decenni di campagne
all’insegna del sesso sicuro ». «Anche il programma “siringhe pulite” venne
accusato di incoraggiare la tossicodipendenza — ribatte Barry Zingman,
direttore dell’Aids Center al Montefiore Medical Center di New York —, invece
ha finito per far diminuire drasticamente i casi di epatite e di Aids tra i
drogati».
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