giovedì 7 febbraio 2013


«Il matrimonio è da abolire», hanno detto per anni gli attivisti gay. Perché ora vogliono sposarsi?
febbraio 7, 2013 Benedetta Frigerio - http://www.tempi.it


«La completa rivoluzione sessuale delle persone non può esistere a meno che le istituzioni sociali non siano abolite», era uno degli slogan del movimento per i diritti omosessuali che si organizzò sfilando per la prima volta nel 1969 a New York. «Il matrimonio è un’istituzione malata e oppressiva», recita un manifesto gay pubblicato nel 1970. «Siamo uomini e donne che, sin dal tempo dei nostri primi ricordi, ci siamo ribellati alla struttura del ruolo dei sessi e a quella del nucleo familiare», scrive nel 1972 Martha Shelley, una delle attiviste lesbiche più note di quegli anni.
CAMBIO DI STRATEGIA? Perché lo stesso movimento sembra aver tradito i suoi scopi? A chiederselo, a ridosso del voto inglese, è Brendan O’Neill, editorialista del quotidiano inglese The Telegraph. Scrive il giornalista: «Il movimento gay, nel passare dal disgusto per il matrimonio al desiderio di viverlo (…) ha avuto un mutamento senza precedenti anche per la politica radicale moderna». Prima gli attivisti omosessuali chiedevano allo Stato di essere lasciati in pace, rivendicavano autonomia, sottolinea l’editorialista, «affinché la morale della maggioranza uscisse dalle loro vite e permettesse loro di fare tutto ciò che volevano». Ora chiedono di entrare «nelle loro esistenze e di dare la benedizione al loro stile di vita e alle loro relazioni, perché dica a tutti gli effetti: “Il tuo modo di vivere è valido. Lo accettiamo”». Perché si passa dall’«autonomia all’omologazione»? Si chiede il giornalista. Che la richiesta in fondo sia la stessa travestita dalla parola matrimonio? Che il cambiamento sia solo strategico? E si usino mezzi migliori per ottenere lo stesso obiettivo?
Fa riflettere, continua O’Neill, il fatto che «persino il principale nucleo di rivoluzionari, nominato “Stonewall” dopo la marcia di New York del 1969, stia ora usando tutte le sue energie nel combattere per il diritto di entrare in una istituzione che i suoi stessi membri volevano distruggere».

@frigeriobenedet  

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