sabato 16 febbraio 2013


Quei «no» detti dalla Chiesa sono in realtà tutti «sì» alla dignità della persona umana - Già nel discorso di Ratisbona troviamo l’invito ad allargare il nostro concetto di ragione, capace di misurarsi anche su ciò che non è quantificabile né misurabile, come la natura umana -  DI GIACOMO SAMEK LODOVICI – Avvenire, 16 febbraio 2013 


Dato che non basterebbe un’imponente monografia per riferire gli innumerevoli interventi di Benedetto XVI in ambito bioetico, senza la minima pretesa di esaustività cerchiamo solo di cogliere alcuni (non tutti) punti nodali di questo aspetto del suo magistero. Anzitutto, va chiarita una questione che spesso pregiudica qualsiasi discorso bioetico: è necessario «un allargamento del nostro concetto di ragione». Lo spiega il magistrale discorso di Ratisbona, che esprime ammirazione per i risultati della scienza, ma sottolinea altresì come la realtà non si esaurisca nella materia e la ragione sia capace di cimentarsi anche su ciò che non è quantificabile e misurabile, per esempio sulla natura umana, sulla libertà, sulla dignità dell’uomo, e di conseguenza sull’inviolabilità di ogni vita umana innocente. Ora, come dice la Caritas in Veritate, il «campo primario e cruciale della lotta culturale tra l’assolutismo della tecnicità e la responsabilità morale dell’uomo è oggi quello della bioetica, in cui si gioca radicalmente la possibilità stessa di uno sviluppo umano integrale. Si tratta di un ambito delicatissimo e decisivo, in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l’uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio». In modo originale, questa enciclica argomenta inoltre che «il tema del rispetto per la vita (...) non può in alcun modo essere disgiunto dalle questioni relative allo sviluppo dei popoli». Per esempio perché «se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono». Per contro, «non può avere solide basi una società che – mentre afferma valori quali la dignità della persona, la giustizia e la pace – si contraddice radicalmente accettando e tollerando le più diverse forme di disistima e violazione della vita umana, soprattutto se debole ed emarginata». In generale è cruciale chiarire che «i "no" che la Chiesa pronuncia nelle sue indicazioni morali, e sui quali talvolta si ferma in modo unilaterale l’attenzione dell’opinione pubblica, sono in realtà dei grandi "sì" alla dignità della persona umana, alla sua vita». Ora, «il dovere del rispetto per la dignità di ogni essere umano (...) comporta come conseguenza che della persona non si possa disporre a piacimento», perciò «la Chiesa si fa paladina dei diritti fondamentali di ogni persona» e «il rispetto del diritto alla vita in ogni sua fase stabilisce un punto fermo di decisiva importanza». Al contrario, «per quanto concerne il diritto alla vita, è doveroso denunciare lo scempio che di essa si fa nella nostra società», dovuto alle «morti silenziose provocate dalla fame, dall’aborto, dalla sperimentazione sugli embrioni e dall’eutanasia (...). L’aborto e la sperimentazione sugli embrioni costituiscono la diretta negazione dell’atteggiamento di accoglienza verso l’altro che è indispensabile per instaurare durevoli rapporti di pace». Più volte Benedetto XVI ha proclamato che «ogni vita umana, in quanto tale, merita ed esige di essere sempre difesa e promossa», e «il rispetto e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale», e la tutela della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna e della libertà di educazione, «non sono negoziabili»: sono criteri gravemente doverosi e cruciali nel fare le leggi e nei momenti elettorali di scelta tra un partito, un candidato e un altro. Quanto all’eutanasia, il Papa ha spesso ricordato che essa «è una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell’uomo. La vera risposta non può essere infatti dare la morte, per quanto "dolce", ma testimoniare l’amore che aiuta ad affrontare il dolore e l’agonia in modo umano». Più volte chinatosi con grandissimo affetto a consolare i malati e i sofferenti, il Papa ha detto loro: «Nessuna lacrima, né di chi soffre, né di chi gli sta vicino, va perduta davanti a Dio (...). Voi siete i fratelli del Cristo sofferente; e con lui, se lo volete, voi salvate il mondo!». 

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