giovedì 16 dicembre 2010

Spagna - Meno aborti? - Ora ci si affida alla chimica di Michela Coricelli – Avvenire, 16 dicembre 2010

Per la prima volta in dieci anni in Spagna il numero degli aborti è calato. Dalle 115.812 interruzioni volontarie della gravidanza del 2008, lo scorso anno si è passati alle 111.482: una diminuzione del 3,7% che il governo di José Luis Rodriguez Zapatero si è affrettato ad attribuire alle politiche di prevenzione e alla vendita senza ricetta della «pillola del giorno dopo». Ma questa interpretazione dei dati non convince né le associazioni pro-life né le cliniche abortiste, che – per ragioni differenti – non condividono l’eccessivo ottimismo del ministro della Sanità, Leire Pajìn. Le cifre – in termini assoluti – sono positive. Fra le ragazze minori di 20 anni, ad esempio, gli aborti sono scesi del 6,5%. Ma scavando, il quadro resta allarmante. A provocare la discesa degli aborti non sono state tanto le campagne educative dell’esecutivo socialista (o la «pillola», distribuita nelle farmacie solo dal settembre 2009), bensì il fattore immigrazione. Fra il 2008 e il 2009 il numero delle donne immigrate che hanno deciso di interrompere una gravidanza è sceso un 9,2%: l’anno scorso le straniere che hanno abortito sono state 62.692, ovvero 5.824 in meno rispetto all’anno precedente.
La ragione va ricercata nel cambiamento del fenomeno migratorio: in Spagna l’arrivo di straniere in età fertile è calato drasticamente, ha ammesso Francisca Garcia, vicepresidente dell’associazione delle cliniche accreditate per l’interruzione della gravidanza. Al contrario, le spagnole abortiscono di più: in un anno le interruzioni sono aumentate del 2,7% (nel 2009 sono state 52.483). Non solo. Il 96,7% delle donne che hanno abortito nel 2009 hanno deciso sulla base del cosiddetto «rischio per la salute psicologica». Con l’entrata in vigore della recente riforma di Zapatero – che ha liberalizzato completamente l’aborto entro le prime 14 settimane di gestazione – non c’è bisogno di giustificare la decisione: allora perché – si chiede il quotidiano La Razon – continuano a utilizzare questo criterio? In questo modo non devono aspettare i tre giorni di riflessione previsti dalla legge.

La versione del governo è stata criticata duramente dalle associazioni in difesa della vita.

Negli ultimi tre mesi del 2009 le vendite della «pillola del giorno dopo» sono aumentate del 150%. Eduardo Hertfelder, dell’Istituto di politica familiare, assicura che il ministro della Sanità «mente deliberatamente» quando afferma che gli aborti sono diminuiti: «Stanno deviando gli aborti chirurgici, che si calcolano negli ospedali, verso i non chirurgici provocati dalla pillola del giorno dopo, che non si possono quantificare».

Anche il Foro della Famiglia accusa: le cifre del governo non prendono in considerazione le interruzioni della gravidanza causate da «farmaci abortivi», denuncia Benigno Blanco. Le organizzazioni pro-life restano in allerta anche su un altro fronte: il progetto di legge sulla «morte degna», annunciato recentemente dal governo. Gador Joya, della piattaforma «Diritto di vivere», teme che sia un modo per aprire in futuro le porte all’eutanasia.

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