martedì 22 marzo 2011

Avvenire.it, 22 marzo 2011 - La tentazione dell'aborto, poi un aiuto imprevisto - Quel desiderio di bene che salva la vita e unisce l'Italia di Maurizio Patriciello

C’è sempre da scegliere se fare il bene in segreto o mettere in pratica il consiglio di don Bosco: «Fa’ il bene e fallo sapere». Fallo sapere non perché te ne possa vantare – sarebbe meschino – ma per coinvolgere anche chi ti ascolta. E chi ti legge. Scegliamo la seconda opzione per raccontare, nei giorni in cui festeggiamo il 150° compleanno dell’Italia unita, una storia triste ma a lieto fine.
Siamo un popolo solo. Il tricolore è la nostra bandiera. Parliamo la stessa lingua, anche se con inflessioni che tradiscono le varie provenienze. Certo, l’Italia è lunga e qualche differenza c’è tra gli isolani delle Eolie, i toscani e gli abitanti delle valli del Trentino. Le differenze che più balzano agli occhi sono però quelle economiche. La crisi che si è abbattuta severa in questi anni ha trascinato tantissime giovani famiglie del nostro Sud alla disoccupazione che spesso sfocia nella disperazione nera. Disperazione che costringe a volte a scelte tristissime di cui non si è convinti. Come quella di rifiutare un figlio prima della nascita solo perché non lo si potrà mantenere.

Simone è un laico amante della vita. Si trova nei pressi di un ospedale dove si praticano gli aborti quando incontra una giovanissima coppia. Intuisce. Capisce. Interviene. Non è invadente. O, se lo è stato si è trattato di una invadenza… umanitaria, di cui il mondo gli dovrà essere grato. Invadenza della carità che non bada agli ostacoli. Chi ama lo sa bene. Questi giovani – Francesco e Luisa – gli aprono il cuore. Hanno deciso di eliminare il terzo figlio controvoglia, con l’animo che sanguina. Non avrebbero mai voluto farlo, ma sono poveri. Poveri, disoccupati e con due bambini piccoli. Simone li incoraggia, promette di non lasciarli soli e li mette in contatto con me.

Prendiamo appuntamento per la sera in chiesa. Un’ora dopo qualcuno telefona sul cellulare addebitandomi la chiamata. È Francesco: «Veramente prenderete a cuore la nostra situazione? – chiede –. Noi non abbiamo nemmeno la possibilità di comprare i pannolini all’ultimo nato. Davvero ci aiuterete?». Lo rassicuro. Capisco dal tono della voce che hanno già cambiato idea e umore. Hanno ripreso a sperare. Dio mio, quanto poco basta per ridare speranza a chi la va perdendo! Erano stati spinti dalla necessità a varcare la soglia di quell’ospedale. L’avevano fatto con angoscia, senza convinzione alcuna.

Nel nostro Sud sono tantissimi i disoccupati che vivono in uno stato di prostrazione e di umiliazione indicibili. Non è che guadagnano poco, la verità è che non riescono a guadagnare niente. Sara, invece, è una pediatra lombarda conosciuta attraverso Avvenire. La sento poche ore dopo aver parlato con Francesco e, felice, le racconto il fatto. Lei ascolta commossa. Poi invia un messaggio che trascrivo per donarvi gioia: «La storia che mi hai raccontato mi tocca. A fine ambulatorio farò bonifico per loro. L’aiuto è anche condivisione tra italiani. Credo nell’Italia unita…».

Anch’io credo nell’Italia unita. Unita dalla simpatia, dalla condivisione, dalla solidarietà. Credo che gli italiani siano più buoni di quanto si possa immaginare, e quando si lasciano toccare il cuore tirano fuori il meglio della loro italianità. Questa storia racconta la disperazione di tanti meridionali affossati dal dramma della disoccupazione e la bellezza della solidarietà umana e cristiana che non conosce ostacoli. Ma vuole ribadire ancora una volta che, come ha detto il Papa, «l’aborto non è mai la soluzione di un problema».

Sia questa vita nascente benedizione per tutti gli italiani nei giorni di festa per l’Italia unita.

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