sabato 12 marzo 2011

«Cellule embrionali non brevettabili». Svolta nell’Ue? - l’“arringa” - L’avvocato della Corte di giustizia incaricato di una causa sull’uso commerciale delle staminali: se si trasformano in esseri umani (o in organi umani) il loro stato giuridico è quello di vite a tutti gli effetti

DA MILANO

A leggere l’opinione resa pubblica ieri dall’avvocato gene­rale della Corte di giustizia europea Yves Bot sugli em­brioni, la domanda sorge spontanea: che il tribunale supremo dell’Unione sia pronto finalmente a ricono­scere la vita fin dal concepi­mento? Sarebbe,certo, un segnale importante di cam­biamento culturale, ma so­prattutto una svolta verso u­na nuova eticità della ricer­ca scientifica, nel futuro. Ma prima i fatti.

Tutto comincia con lo “stra­no” caso del dottor Oliver Brüstle, uno dei più impor­tanti ricercatori tedeschi nel campo delle cellule stami­nali embrionali. Mister Brü­stle registra nel 1997 un bre­vetto per una sua esclusiva scoperta: è riuscito a isolare cellule progenitrici neurali, ottenuto a partire da cellule staminali embrionali uma­ne, con cui – sostiene – po­tranno essere curati azienti affetti dal morbo di Parkin­son.

Ad accorgersene è Green­peace, che denuncia il fatto alla Corte federale dei bre­vetti tedesca. Quest’ultima ritira l’“esclusiva” allo scien­ziato, che tuttavia non ci sta e impugna la sentenza in­nanzi all’Alta corte federale di giustizia. Di qui il “salto” alla Corte europea, cui il tri­bunale tedesco – prima di decidere sul caso – chiede di dare una chiara definizione di “embrione umano” (defi­nizione non presente nella Direttiva n.98/44 sulla bre­vettabilità delle invenzioni biotecnologiche). La que­stione sul banco è tanto semplice quanto fonda­mentale: e cioè se l’esclusio­ne della brevettabilità della vita umana e degli embrio­ni (sostenuta in quella diret­tiva) comprenda tutti gli sta­di di sviluppo della vita u­mana a partire dalla fecon­dazione dell’ovulo o se deb­bano essere rispettate ulte­riori condizioni, come, ad e­sempio, il raggiungimento di un determinato stadio di svi­luppo dell’embrione stesso. Ieri, a qualche mese dal pro­nunciamento ufficiale della Corte di giustizia europea sul caso 'Brüstle-Greenpeace' (che ha preso in esame lo scorso gennaio e dovrebbe arrivare a una decisione in estate) a dire la sua è stato l’avvocato generale designa­to per la causa, una sorta di “pm” in seno al tribunale co­munitario. Secondo Yves Bot «le cellule che hanno la ca­pacità di diventare un esse­re umano devono essere considerate giuridicamente come esseri umani a tutti gli effetti» motivo per cui «è da escludere – conclude Bot – che siano brevettabili».

Ma c’è di più ancora, visto che nella sua “arringa” l’av­vocato generale sottolinea come «non importi da qua­le stadio dell’evoluzione del corpo umano una cellula provenga»: la sola condizio­ne accettabile per la brevet­tabilità è che il suo prelievo «non comporti la distruzio­ne di tale corpo umano nel­la fase della sua evoluzione in cui il prelievo è effettuato». In conclusione, Bot reputa che un’invenzione non pos­sa essere brevettabile quan­do l’attuazione del procedi­mento richiede, preventiva­mente, «sia la distruzione di embrioni umani, sia la loro utilizzazione come materia­le di partenza». ( V. Dal.)

Nessun commento:

Posta un commento