mercoledì 6 aprile 2011

La questione del gender 3 - Un altro modo di pensare la libertà - Autore: Laguri, Innocenza  Curatore: Leonardi, Enrico - Fonte: CulturaCattolica.it - martedì 5 aprile 2011

Il concetto di libertà sotteso. Un altro modo di pensare la libertà: la libertà come scelta della totalità antropologica.
La Scaraffia parla di idolatria della libertà. F. Botturi (La generazione del bene, Vita e Pensiero) afferma la necessità di recuperare un pensiero del concreto della libertà, cioè di una libertà sorpresa nel dinamismo del suo effettivo esercizio. E l’esperienza mostra che l’uomo non può autodeterminarsi del tutto. In termini semplici, la libertà non è solo la libertà di scelta; se il tutto della libertà è il suo potere di autodeterminazione, per Botturi si arriva a una pura tautologia: scelgo perché scelgo e ciò che ho scelto vale perchè ho scelto. La libertà, afferma Botturi, non può esaurirsi nella scelta, piuttosto l’esercizio della capacità di scelta si deve inserire in una totalità antropologica. Ciò significa riconoscere il vincolo di finitezza che caratterizza l’uomo, riconoscere che la sua libertà non ha a disposizione l’esistenza, anzitutto non ha a disposizione la nascita e la morte, ma, anche, è vincolata ad una realtà biologica e psicofisica (e dunque anche alla differenza sessuale), ad una realtà parentale, sociale, culturale, infine ad una realtà inconscia. In altre parole, riconoscere la totalità antropologica significa riconoscere di essere abitati da una alterità, secondo l’espressione di Silvano Petrosino (La scena Umana, Jaca Book).
L’idolatria della libertà di scelta, sottesa alla questione del gender, è una finzione in quanto censura questa totalità antropologica. Un personaggio di Dostoevsky, Kirillov, citato da Botturi, incarna l’uomo che vuole mantenere la libertà come sola libertà di scelta pur vedendo nella morte l’estrema contraddizione, in quanto la morte mostra l’impotenza ultima dell’uomo. Dunque Kirillov, riconoscendo nella morte una impotenza a vivere completamente da se stesso, e volendo essere coerente alla libertà come sola scelta, ritiene che l’unica conclusione sia trasformare la morte in suicidio. Solo con il suicidio Kirillov arriva a negare l’insuperabile vincolo di finitezza dell’esistenza.
Acutamente Botturi osserva che l’iniziativa della libertà non solo si confronta stabilmente con un contesto che la condiziona, ma anche non può operare se non a partire, se non provocata, da tale contesto.
L’uomo può sentire tale contesto come chiusura, limite, angustia, ma può anche coglierlo come segno del suo rapporto con l’essere, come eccedenza e può arrivare ad accoglierlo come dono. Se l’uomo coglie il limite solo come angustia, come Kirillov, potrà decidere solo della sua soppressione, ma in ogni caso non può decidere della sua autogenerazione. Questo è segno che l’essere è eccedente il potere della libertà. Ora, afferma sempre Botturi, l’esercizio della scelta ha in questa eccedenza il segnale di un bene cui la scelta deve tendere, che è la sua regola interiore, il criterio interno, tale bene è appunto il rispetto della vita che nessun potere di scelta può dare.
“Quanto più la scelta è del bene, tanto più questo, in quanto bene dell’agente che ne attiva e cresce la soggettività, ne aumenta anche la capacità di scelta. A sua volta il rafforzamento della capacità di scelta amplia la capacità del bene … La libertà umana non ha perciò il diritto di scandalizzarsi a motivo della sua struttura di iniziativa condizionata… La libertà finita riceve un inizio ed è inizio, è essenzialmente ‘iniziativa iniziata’.”

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