venerdì 15 aprile 2011

Ru486, mille aborti con la pillola
che Cota non vuole

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Viale: il 96% delle donne
dimesse senza problemi

MARCO ACCOSSATO
TORINO
Lascerò la Ru486 nei magazzini», aveva detto un anno fa il presidente della Regione, Roberto Cota, quando la pillola dell’aborto cominciò a essere utilizzata al Sant’Anna, subito dopo la sperimentazione. E invece, la Ru486 non è rimasta affatto nei magazzini. Anzi: lunedì prossimo sarà somministrata in ospedale la millesima pillola. Non solo: come ci si immaginava, il 96 per cento delle donne, dopo averla presa, in questi primi dodici mesi ha chiesto e ottenuto di andare a casa. Niente ricovero, come prevedeva il protocollo. L’escamotage del dottor Viale è stato affidarsi a un’altra possibilità prevista dalla legge: la richiesta volontaria di dimissione da parte delle pazienti. «E non essendoci alcun motivo medico per negare quel permesso - spiega il ginecologo paladino della Ru486 - non mi sono mai opposto».

Mille Ru486. Soltanto 6 donne su cento hanno dovuto ricorrere al raschiamento. Per il dottor Viale il successo della tecnica è evidente nei numeri. Otto i casi in cui l’aborto non c’è stato e si è dovuti ricorrere alla revisione chirurgica. Così ora Viale va oltre: «Il passo successivo sarà utilizzare la Ru486 anche per l’aborto chirurgico, perché ammorbidisce il collo dell’utero ed evita di dover forzare la dilatazione con gli strumenti».

Accanto agli 8 mila parti del 2010 al Sant’Anna (il 20 per cento circa di tutta la Regione), gli aborti sono stati poco meno di 4 mila (il 40 per cento di tutta la regione). «Soltanto una donna, dopo la somministrazione della Ru486, ha avuto una gravidanza-extrauterina, ma è un rischio - chiarisce subito il dottor Viale - anche dell’aborto chirurgico».

Ieri mattina le interruzioni di gravidanza effettuate con la Ru486 erano 992. Nove sono già prenotate per lunedì. In un solo anno, il ricorso alla pillola dell’aborto ha ormai raggiunto il 50 per cento di tutte le interruzioni di gravidanza: sempre ieri mattina, ad esempio, al secondo piano del Sant’Anna erano in programma 11 aborti chirurgici e 12 medici, cioè con la Ru486.

«Dimostrato che il ricorso alla Ru486 non è un pericolo - dice adesso Viale - resta uno scoglio da superare, quello burocratico sulla dimissione». Come dire: il 96,8 per cento delle donne che ha firmato per andare a casa e non essere ricoverate è un messaggio chiaro. «Un’altra questione, più interna - prosegue Viale - è la destinazione del reparto: è previsto che sia trasferito in una parte dove non ci sono bagni in camera, ma solo servizi comuni in corridoio, il che non è certo l’ideale per una donna in attesa di un aborto».

Mentre ieri al Sant’Anna si prenotavano le 9 donne che porteranno a mille il numero delle interruzioni di gravidanza con la Ru486, fuori, in via Ventimiglia, di fronte all’ingresso del centro prenotazioni, l’associazione «Ora et Labora» e il Comitato «Verità e vita» hanno nuovamente manifestato contro l’aborto e contro il ginecologo Silvio Viale: «Ru486=genocidio di Stato e tradimento di Ippocrate», diceva un volantino distribuito ai passanti. «Viale - era scritto su un altro documento - è il medico che tifa per la morte». L’associazione ha esposto una enorme croce nera con appesi tanti feti e un mazzo di fiori alla base, scatenando la rivolta di molti, fra i passanti, tra cui una giovane maestra elementare, Monica Asprino: «Ci sono luoghi e modi per esprimere un dissenso, e questa croce è un modo inaccettabile, un circo vergognoso e inqualificabile». La tensione in strada è cresciuta al punto che ha dovuto intervenire la polizia, e la croce, alla fine, è stata tolta. «Se la legge è contraria al diritto alla vita - hanno continuato a sostenere i promotori della protesta anti-aborto - è una legge che non vale niente».

marco.accossato(at)lastampa.it

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