giovedì 28 aprile 2011

Un testamento sconsigliabile - Accelerazione alla Camera per la legislazione sul modo di morire, di Giuliano Ferrara, Il Foglio del 28 aprile 2011

La lettera di Berlusconi ai deputati è pregevole, ben concepita. Il presidente del Consiglio racconta ai suoi che anche a lui legiferare sul modo di morire improprio e che un’idea metodologicamente liberale delle norme etiche dovrebbe comportare, in una questione che riguarda insieme la tutela della vita e la tutela della libertà di scelta dell‘individuo, il rispetto di una zona grigia in cui la decisione sulle procedure non si irrigidisce e non finisce per appartenere allo Stato, alla legge, allo spazio pubblico. Ma il leader della maggioranza aggiunge che questa discrezione, questa delega pietosa alla singolarità di ciascun caso di umanità e libertà, e impedita dall‘attivismo giudiziario, che si è fatto largo e a suo modo fa norma in aperto spregio di ogni considerazione per i diritti della vita umana, e della cura medica ippocratica. Il caso Englaro insegna.
D’altra parte il conflitto assurdo tra libertà e vita è un segno dei tempi tra i più sinistri, anche a non voler essere profeti di sventura, come li definiva il Papa del rinnovamento conciliare dei cattolici, Giovanni XXIII. Il diritto alla vita e quello alla liberta, inscindibilmente connessi, furono la coppia celebre della nascita del mondo di idee liberale, ma con l'idea contraccettiva dell’amore, di cui le varie forme di aborto (pianificato, libero, forzato) sono espressione ormai moralmente sorda, il divorzio è stato pieno e, in un certo senso, definitivo per la mentalità corrente. Basta leggere la bella intervista di un vecchio saggio come Emanuele Macaluso, che sull'Espresso accanto a tante cose vitali affida poi a un viaggio eutanasico in Svizzera, con elegante noncuranza, la prospettiva della fine dei suoi giorni che per fortuna allontana con le sue scelte di ardente amore per l‘esistenza. Il problema è che mentre una sentenza norma un caso, e solo così diventa precedente giurisprudenziale per fare a suo modo "legge", un testo normativo approvato dal parlamento é materia più difficile. Se preveda l'espressione di una volontà passiva per quando la volontà attiva non sarà più esprimibile, è contraddittorio o discutibile che neghi quella volontà chiaramente definita nei casi dell'idratazione e della nutrizione artificiali. La questione diventa spinosa, consente una dura campagna di delegittimazione della posizione del legislatore e anche del diritto di una maggioranza a schiacciare l`intenzione, sollecitata e formalizzata, del singolo cittadino.
I costituzionalisti e i giudici costituzionali avranno pretesti abbondanti per intervenire, e così, come denunciano non solo quei laici pazzi del Foglio ma anche autorevoli intellettuali e medici cattolici, le Dichiarazioni anticipate di volontà potrebbero trasformarsi nel varco aperto a decisioni eutanasiche. E' inoltre assai dubbio che un referendum sarebbe vinto da chi intende regolamentare l'atto finale di libertà di una persona. Siamo nel tempo della monte esorcizzata, della sua rimozione, e la cultura eutanasica, con la paura di ogni forma di accanimento e il terrore sacro del dolore, darebbe luogo a un dissenso esteso verso norme che “ti mantengono in vita a viva forza".

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