domenica 24 aprile 2011

Vita da tutelare anche per i minori - Sono illecite decisioni di genitori e tutori che portano al rifiuto della cura e che vanno contro la protezione della salute e della integrità di chi non ha ancora raggiunto la maggiore età. Ma per scongiurare qualunque situazione di abbandono terapeutico occorre poter attivare sempre le terapie necessarie - di Alberto Gambino, Avvenire, 21 aprile 2011

Il tema nevralgico del consenso informato, che la legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat)
ritiene necessaiio per attivare i trattamenti sanitari merita un supplemento di riflessione specie quando si tratti della salute e della Vita di minori. Attualmente il nostro ordinamento non prevede alcuna norma che assegni ai soggetti esercenti la potestà genitoriale (e al tutore nel caso di incapaci maggiorenni il potere di decidere dei trattamenti terapeutici da somministrare. lnoltre, prima del caso Englaro, la giurisprudenza riteneva che non fosse ammissibile esercitare poteri rappresentativi rispetto alle decisioni sulle cure, in quanto, secondo il dettato costituzionale, ragioni di solidarietà imporrebbero di praticare in ogni caso le cure mediche necessarie a chi non sia in grado di consentirvi. Dopo il caso Englaro, si è aperto un varco per gli incapaci maggiorenni: il tutore può fungere da alter ego nella relazione con il sanitario, così da rappresentare i desideri e le scelte del suo assistito. Per il minore le cose stanno in modo diverso, in quanto gli stessi desideri di quest'ultimo, ove sia in grado di esprimerli, scontano comunque una non piena maturità, dovuta proprio alla giovane età, con la conseguenza che, ove volti al rifiuto delle cure, non possono condizionare le scelte di chi ne ha la tutela, il quale ha l'obbligo legale di proteggere la salute e la vita dei figli. Sono dunque illecite decisioni di rifiuto di cura che vanno comro la protezione della vita e della salute del minore.
La legge in discussione alla Camera prevede che tanto nel caso di consenso inforrnato espresso dal tutore per i soggetti incapaci, quanto per quello espresso dal genitore per i figli, tali decisioni non possarro giammai pregiudicare la salute dell'assistito, così parificando le due situazioni e perciò riassegnando anche al tutore pieni compiti di protezione della salute del suo assistito, in contrasto con la decisione del caso Englaro, che aveva consentito proprio al tutore di sospendere un presidio vitale.
Proprio questa appare, dunque, l'ancora di salvataggio per scongiurare ipotesi di abbandono terapeutico. Ma cosa accade concretameme se cornunque il conserlso non viene espresso, anche se cio fosse doveroso in quanto necessario per la salvaguardia della salute dellassistito? Il medico può attivarsi autonomamente?
In effetti in questo caso, prima di agire, il medico dovrebbe ottenere un'autorizzazione giudiziaria, avendo l’obbligo di
attivare la terapia solo in casi di complicanze gravi ed eventi acuti.
Ma nel caso della tutela di un maggiorenne, la concrera possibilita di un'inerzia colpevole del tutore è scongiurata dalla percezione del medico e talvolta dalle stesse residue capacità dell'assistito, in grado di allertare sul perpetrarsi di una decisione illecita da parte del tutore, con la conseguente attivazione di iniziative volte a ottenere l'autorizzazione giudiziaria. Così del resto, anche nel caso di quei minori di età in grado di esprimere desideri e preferenze, il disegno di legge obbliga ad ascoltare attentamente, si rende evidente l'eventuale illiceità del comportamento dell'esercente la potestà, con i conseguenti provvedimenti del giudice della tutela. Mentre appare del tutto diversa la vicenda del minore incapace di esprimersi compiutameme o non in grado di farlo.
In questi casi, ancorchè la legge preveda che la decisione del genitore sia comunque volta alla salvaguardia della salute del minore, l'assenza di un alter ego effettivo a chi prenderà la decisione, ove coincida com una scarsa sensibilizzazione della struttura di cura, potrebbe comportare vere e proprie situazioni di abbandono terapeutico (per esempio i neonati prematuri). Per scongiurare tali zone grigie, senza tutela effettiva, occorre allora prevedere che in caso di minore di età incapace di rappresentare desideri e scelte, non sia richiesto il consenso informato dei genitori per attivare una terapia necessaria.

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