giovedì 28 aprile 2011

Siamo quasi in 7 miliardi Avremmo dovuto essere in 9 di Colin Mason e Steven W. Mosher *, 28-04-2011, da http://www.labussolaquotidiana.it

Il numero degli abitanti della Terra sta mandando in subbuglio i media. A un certo momento dell’ultima tranche dell’anno in corso o al più all’inizio del prossimo – la data esatta è ancora un po’ vaga – al mondo vi saranno contemporaneamente, per la prima volta nella storia, sette miliardi di persone.

Per gli opinionisti progressisti è l’occasione per versare fiumi d’inchiostro.
National Geographic si è preso lo spazio dell’intero anno solare per mettere sotto esame critico l’aumento demografico, dando la stura a un’infinità tra articoli, filmatini azzimati e servizi fotografici allarmistici sui presunti disastri della “sovrappopolazione” prossimi venturi, e il livello di allerta di numerose organizzazioni è già posizionato sulla modalità panico totale.

Persino in un recente convegno dell’American Association for the Advancement of Science, accantonata ogni obiettività scientifica e abbracciata la “scienza-spazzatura”, ci si è messi a intonano i consueti peana contro la crescita esponenziale della popolazione mondiale e l’impatto che essa esercita sull’ambiente. E così, a poche ora dalla conclusione del simposio, su Internet è divampato l’incendio dei titoli shock: se Yahoo News affermava che Nel 2050 il pianeta potrebbe essere “irriconoscibile”, il quotidiano Teheran Times si chiedeva angosciato Riuscirà l’umanità a reggere una popolazione di più di 10 miliardi di persone? (all’attenzione del giornale sembra essere  peraltro sfuggito il fatto che, grazie alla campagna di sterilizzazione organizzata nel Paese per volere degli ayatollah, in Iran le nascite sono oggi inferiori a quelle necessarie a mantenere il livello demografico attuale).

Ma il Population Research Institute la vede diversamente. Mentre nel secolo scorso la popolazione mondiale andava quadruplicando, l’aumento delle persone ha costantemente voluto dire aumento della prosperità. Oggigiorno gli esseri umani sono più ricchi, più sani e meglio educati che mai. E la percentuale delle persone ancora intrappolate nella povertà continua a decrescere.

Quel che sul serio ci preoccupa per il futuro non è dunque un numero di bambini troppo grande, bensì un numero troppo piccolo. I tassi della natalità umana stanno infatti crollando in tutti i continenti. Non solo, cioè, i numeri della popolazione terrestre non si raddoppieranno mai più, ma è pure probabile che non andremo mai nemmeno granché oltre i più o meno 8 miliardi di abitanti.

Ovviamente, senza l’aborto avremmo già toccato quota 8 miliardi di esseri umani sul pianeta.

Peggiori di qualsiasi tribù primitiva, infatti, noi moderni abbiamo sviluppato la cattiva abitudine di uccidere la nostra stessa prole, e di farlo a ritmi impressionanti.

Come afferma il più recente rapporto stilato dall’Alan Guttmacher Institute, ogni anno nel mondo si praticano 42 milioni di aborti volontari. Analogamente, il rapporto 2011 del think tank Planned Parenthood afferma che nel passato recente il numero degli aborti è stato ancora più alto: «Fra 1995 e 2003 il numero degli aborti procurati è sceso nel mondo da 46 milioni ad approssimativamente 42. Nel mondo circa una gravidanza su cinque finisce in aborto».

Ma la questione vera è che in realtà non sappiamo affatto se questi numeri siano affidabili. Dopo tutto, il Guttmacher Institute non ha modo di ottenere statistiche accurate relative a molti Paesi dove i tassi di aborto sono assai elevati. Il solo governo cinese impone alle donne del Paese tra i 10 e i 14 milioni di aborti l’anno. Il totale dell’aborto mondiale potrebbe insomma essere ben superiore ai 42 milioni stimati dalla fonti succitate.

Ammettiamo però che il Guttmacher Institute sia tutto sommato corretto, e così proviamo a fare qualche facile conticino. Al ritmo di 40 milioni di aborti l’anno, impiegheremmo solamente 25 anni per eliminare un miliardo di persone.

Dato che il businesss dell’aborto è iniziato sul serio solo attorno agli anni 1960, ciò significa che a tutt’oggi abbiamo più o meno eliminato il doppio secco di quella cifra, vale a dire circa due miliardi di esseri umani non ancora nati.

Riflettiamoci sopra.
Nel corso dell’ultimo mezzo secolo, dimessamente e senza fanfare, nelle città così come nei paesi più normali, e in decine di Paesi del globo, sono stati uccisi qualcosa come due miliardi di bambini. Bambini morti senza nome, spesso senza che nessuno li ambia pianti e riconosciuti come tali solo a volte.

Il secolo XX è stato violento in tutte le forme possibili. 37 milioni di persone sono state uccise durante la Prima guerra mondiale. Più di 60 milioni sono morte nella Seconda. Sei milioni di ebrei e altri sei milioni di cattolici sono deceduti nei campi di sterminio hitleriani. 20 milioni sono stai ammazzati per mano della autorità sovietiche. 65 milioni sono state eliminate dal Partito comunista cinese e altri 42 milioni sono morte di fame durante il Grande balzo in avanti voluto da Mao. E via di questo passo.

Ma tutti quei numeri impallidiscono di fronte alla cifra inequivocabile dei bambini che sono stati soppressi in quello stesso mezzo secolo.

È questo, cioè, il gigantesco evento demografico che davvero rileva. Mentre il genere umano si appresta dunque a celebrare, probabilmente in autunno, il settemiliardesimo bambino della Terra, varrebbe la pena di ricavare un minuto per ricordare il miliardo o due di bimbi che invece sono caduti - e ancora continuano a cadere - vittime dei coltelli degli abortisti.

Riposino in pace.



(traduzione di Marco Respinti)

* Colin Mason è direttore del settore media del Population Research Institute di Front Royal, in Virginia, di cui Steven W. Mosher è presidente.

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