«Il mio Wojtyla, teologo della vita» di Davide Zanelli *, Avvenire, 5 maggio 2011
Paolo VI, quando nel luglio 1968, «dopo mature riflessioni e assidue preghiere», firma l’enciclica Humanae vitae, deve affrontare una drammatica solitudine ma incontra anche il sostegno di due figure speciali, tra loro in qualche modo legate: Padre Pio e Karol Wojtyla.
Appena eletto Papa, Wojtyla approfondisce la dottrina dell’Humanae vitae inquadrandola alla luce della teologia del corpo e vi dedica centotrenta udienze del mercoledì (interrotte solo dall’attentato) che diverranno le catechesi sull’amore umano. Nel 2000 assiste alla costituzione dell’Istituto scientifico internazionale che, intitolato a Paolo VI, si dedica alla ricerca sulla fertilità e infertilità umana per una procreazione responsabile.
Compiacendosi di questa risposta all’appello di Humanae vitae, sottolinea il bisogno di coniugare il rigore della ricerca con un’etica dello stupore che sappia preparare formatori e maestri di vita, nel binomio di «cultura e santità». L’istituto dà così un nuovo impulso a quel Centro studi che già nel 1980, all’interno del Policlinico Gemelli, aveva avviato i lavori sotto la guida pionieristica della ginecologa Anna Cappella. Una delle sue tante allieve è l’ostetrica aretina Flora Gualdani, fondatrice nel 1964 dell’opera «Casa Betlemme».
«Come tutti coloro che sono impegnati nella promozione della regolazione naturale della fertilità – afferma –, anch’io mi sono sentita sostenuta in modo straordinario dagli insegnamenti di Giovanni Paolo II, soprattutto di fronte a certe critiche che si incontrano su questo scottante fronte bioetico».
Il Papa, racconta Flora, ad ogni congresso internazionale faceva arrivare il suo messaggio che era un incoraggiamento dal punto di vista teologico: «Grazie a lui si è irrobustita anche qui la sintesi tra fede e ragione, cioè quell’armonia con cui aiutiamo tante persone a diventare "veramente libere e liberamente vere"». In più occasioni, al fianco di Anna Cappella, le è capitato di essere ricevuta da Giovanni Paolo II: «Una volta, superando l’elenco degli appuntamenti che aveva in agenda, volle riceverci nelle sue stanze fuori protocollo, prima di andare a cena».
Questa ostetrica fa parte di una capillare rete di insegnanti qualificate nel mondo: nell’enciclica Evangelium vitae Wojtyla volle dedicare parole di riconoscenza verso queste persone e la loro preziosa opera educativa «spesso misconosciuta». Le parole del Pontefice, nel ricordo di Flora, erano un incitamento ad andare avanti nonostante i pregiudizi, la disinformazione e «l’imperialismo contraccettivo». E aggiunge: «Personalmente lo considero il grande padre della mia fede». Il beato Giovanni Paolo II, spiega Flora, si ostinava a credere nell’educabilità dell’uomo redento da Cristo ed era convinto che con il tempo la storia avrebbe dato ragione all’Humanae vitae. «Dopo i risultati in India e Africa – conclude l’ex ostetrica aretina –, abbiamo già assistito ad interessanti aperture sia dalla Cina che dagli ambienti femministi. E anche nella mia diocesi sono molti più di quanto si pensi i giovani che vengono ad imparare da questa enciclica "scandalosa". In un’epoca in cui si parla di amore liquido si sta rivelando come un contributo per la costruzione di famiglie solide».
*associazione Casa Betlemme di Arezzo
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