«Termini univoci per l`aborto terapeutico» - Da "AVVENIRE" di sabato 14 maggio 2011, - II sottosegretario Roccella: presto un tavolo con le Regioni per discutere sui limiti degli interventi e uniformarli. Va rispettata la legge 194, che impone di tutelare il feto qualora abbia vita autonoma
DA Roma - Il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, ha annunciato che partirà a breve un tavolo con le Regioni per fissare il limite entro il quale praticare l`aborto cosiddetto "terapeutico", cioè l`interruzione volontaria della gravidanza dopo tre mesi, consentita dalla legge 194 solo nel caso in cui per la madre sussista un pericolo di morte o nel suo bambino vi siano anomalie tali da costituire un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna (quando però sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l`aborto può essere praticato solo in caso di grave pericolo di morte, e si deve far tutto per salvare la vita del bambino). La denominazione "aborto terapeutico" viene però a volte usata intenzionalmente con ambiguità, come se l`uccisione di un bambino costituisse una terapia nei confronti di eventuali sue anomalie, con conseguenze di una totale disumanità. «Il decreto per la istituzione del tavolo - ha spiegato la Roccella - è già pronto e sul tavolo del ministro». Il lavoro di approfondimento sull`aborto "terapeutico" sarà fatto sulla falsariga di quello sugli stati vegetativi ed è uno dei punti previsti dal Piano per la vita presentato nel 2010 dal governo. La legge 194, sottolinea il sottosegretario, «saggiamente non fissava un termine preciso, ma parlava di "vita autonoma del feto"». Tale dizione è presente infatti nella legge per precisare che quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l`interruzione della gravidanza può essere praticata esclusivamente solo nel caso in cui ci sia grave rischio per la vita della donna e il medico che esegue l`intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto. Dopo «casi traumatici come quello recente di Rossano Calabro», aggiunge la Roccella, in cui «un bambino nato vivo dopo un aborto terapeutico è stato abbandonato senza assistenza» è necessario «stabilire con le Regioni un termine univoco». Il tavolo dovrà poi essere «allargato ad altri punti del Piano per la vita, sempre nell`ottica di accordi con le Regioni, in particolare per attuare la prima parte della legge», cioè la parte relativa alla prevenzione dell`aborto e per «certificare, così come abbiamo fatto con gli stati vegetativi, l`apporto e il ruolo delle associazioni di volontariato». Circa un anno fa a Rossano Calabro (Cosenza) sulla base di una diagnosi di rischio per la salute mentale della mamma, e non per la sua vita, era stato effettuato un aborto di un feto giunto alla ventiduesima settimana. Il bambino era stato poi lasciato morire, abbandonato per quasi due giorni in una ciotola.
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