martedì 12 marzo 2013


I presuli del Belgio contro i progetti di ampliare i casi possibili di eutanasia - Per onorare la dignità umana – L’Osservatore Romano, lunedì-martedì 11-12 marzo 2013 


BRUXELLES, 11. Si può banalizzare l’eutanasia sino al punto da sopprimere anche ogni legame sociale? Sino al punto di sbarazzarsi di anziani e bambini? È quanto si domandano i vescovi belgi di fronte alle numerose proposte, attualmente all’esame del Senato, che intendono ampliare le maglie della legge sull’eutanasia, in vigore nel Paese già dal 2002. Alcune proposte sono volte a estendere la possibilità di eutanasia ai minori di 15 anni, considerati come «persone capaci di discernimento», altre addirittura sono finalizzate ad abolire ogni limite di età. Sarà oggetto di dibattito anche la possibilità di estendere la legge alle persone affette da malattie mentali degenerative, come l’A l z h e i m e r, con una procedura di dichiarazione anticipata che permette a un paziente ancora capace di esprimere la sua volontà di chiedere in maniera esplicita che sia praticata l’eutanasia. I vescovi, ricordando le «più vive riserve» che già erano state espresse nel 2002 riguardo alla legge sulla depenalizzazione dell’eutanasia, sono pertanto nuovamente intervenuti con una lettera aperta rivolta alla cittadinanza e al Parlamento dal titolo evocativo: «Si può uccidere il legame sociale?». A presentare il documento è stato nei giorni scorsi il presidente dell’episcopato, l’a rc i - vescovo di Malines-Bruxelles, André Léonard, il quale ha invitato i parlamentari a «considerare come i malati, minori o dementi, possano essere meglio presi in cura dalla sanità pubblica nel quadro delle cure palliative. Per noi dire no all’eutanasia non significa scegliere la sofferenza né far e lasciar soffrire. I progressi delle cure palliative hanno compiuto grandi passi in avanti nel dare sollievo al dolore e hanno aiutato a prevenire possibili richieste di eutanasia». Secondo i dati forniti all’inizio del febbraio scorso dalla Commissione federale di controllo e valutazione, nel corso del 2012 sono state complessivamente 1.432 le dichiarazioni di eutanasia, con un aumento del 25 per cento rispetto all’anno precedente. Esse rappresentano il 2 per cento dell’insieme dei decessi registrati nel Paese. Fino a oggi, la legge del 2002 si applica solo su persone affette da malattie incurabili o da sofferenza incurabile, a condizione che siano maggiori di diciott’anni e dispongano di tutte le facoltà mentali. In questa prospettiva, i presuli si appongono alle nuove modifiche proprio a partire dalle motivazioni che portarono all’approvazione dell’attuale normativa. «Questa legge poteva apparire come ragionevole poiché intendeva lottare contro le eutanasie clandestine. Era presentata come una legge molto umana perché era stata scritta per assicurare l’incontro tra la compassione del medico e la preoccupazione del malato di morire con dignità». I vescovi comprendono perfettamente che «una persona malata può attraversare un periodo di prova, di incertezza o di profondo scoraggiamento». Ma è proprio in questo momento, insistono i presuli, che il malato deve incontrare «persone che gli tendono la mano. Che gli fanno capire che il suo valore umano non è annientato dalla distruzione del suo corpo o della sua mente. Che la sua dignità supera infinitamente il disagio che prova a non essere più del tutto padrone di se stesso». Allo stesso modo i vescovi pongono poi una serie di interrogativi relativi a un’estensione della legge ai minori e ai malati di Alzheimer: «Un’attestazione scritta richiedente l’eutanasia in caso di perdita delle facoltà mentali, non rischia di divenire un giorno addirittura superflua tanto poi da chiedersi se sia necessaria?». E, ancora rispetto ai minori: l’estensione della legge ai minori di 15 anni, non rischia di aprire poi la strada dell’eutanasia «ai bambini più piccoli, visto che la loro malattia o il loro handicap sono divenuti insopportabili?». Per l’arcivescovo Léonard, «l’introduzione dell’eutanasia, non si limita ad avere conseguenze sull’individuo che la reclama, ma modifica nella società il rapporto fondamentale con la vita e la morte e mina il legame vitale di solidarietà di ogni cittadino con le persone sofferenti». E, quanto al «rischio di delegare ad altri, in un testamento di vita a lungo termine, la facoltà di decidere al mio posto, in caso anche di demenza», il presule si domanda se ciò sia «veramente compatibile con uno Stato di diritto». Da qui l’appello lanciato al Parlamento. I presuli vogliono poter dare il loro contributo: «Vogliamo onorare sia la nostra democrazia che la dignità umana».

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