lunedì 4 marzo 2013


La verità sulla pillola abortiva EllaOne -  2 marzo, 2013 - http://www.uccronline.it/

Ellaone

Come probabilmente molti ricorderanno poco meno di un anno fa, il 2 aprile 2012, ha fatto la sua comparsa nelle farmacie italiane l’ulipristal acetato, prodotto più noto col nome di ellaOne® e solitamente qualificato come contraccettivo «d’emergenza durante le 120 ore (5 giorni) successive ad un rapporto sessuale». Ma è esatto? ellaOne® è effettivamente una pillola contraccettiva oppure no? E se non lo è, di che si tratta esattamente?

Chi ha provato ad approfondire questi aspetti è la dottoressa Anna Fusina, la quale ha scelto di dedicare all’argomento il proprio elaborato a conclusione del Corso di perfezionamento in Bioetica frequentato presso l’Università degli Studi di Padova. In questo interessante lavoro, dal titolo La “pillola dei 5 giorni dopo”. Aspetti scientifici, giuridici ed etici, si prende quindi in esame ellaOne®. E lo si fa con una premessa di carattere storico che mostra una singolare evoluzione concettuale – anche se sarebbe più corretto parlare di manipolazione -, vale a dire quella dei termini «concepimento» e «fecondazione».

Tutto ebbe inizio quando le potenti associazioni abortiste statunitensi compresero la necessità, per portare avanti la loro battaglia, di fare in modo che la parola «concepimento» non designasse più l’unione di spermatozoo ed ovulo bensì il momento dell’impianto in utero dell’embrione: «Se si scopre che questi dispositivi intrauterini agiscono come abortivi, non solo avremo contro la Chiesa cattolica ma pure le Chiese protestanti», affermava nel 1962 Mary Calderone (1904 – 1998), allora direttore medico di Planned Parenthood, riferendosi alla spirale.

Conseguenti a questa scelta strategica furono tutta una serie di pressioni che nel 1965, come fa notare Fusina, portarono l’ACOG – acronimo che sta per American College of Obstetricians and Gynecologists -, cioè la maggiore organizzazione di ginecologi degli Stati Uniti, a pubblicare il suo primo Terminology Bulletin con l’introduzione dalla discutibilissima trasformazione semantica: «concepimento», per la prima volta, stava per avvenuto impianto dell’ovulo fecondato nell’utero materno (American College of Obstetrics and Gynecology (ACOG). Terminology Bulletin, “Terms Used in Reference to the Fetus.” Chicago: ACOG, 1965).

Quella manipolazione, come si usa dire, “fece scuola”. Alcuni anni dopo infatti, precisamente dal 1985, anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità si appiattì sull’interpretazione messa a punto due decenni prima dalle lobby abortiste giungendo a riconoscere la gravidanza solo a partire dall’avvenuto impianto dell’embrione nell’utero (cfr. Sgreccia E. Manuale di bioetica, Vita&Pensiero, Milano 2007, p. 611;). Una manipolazione della realtà in piena regola, dato che testi di embriologia cronologicamente successivi ed utilizzati nell’insegnamento universitario riportano il concepimento quale momento della fecondazione, dell’unione di spermatozoo ed ovulo che determina la formazione dello zigote.

Fatta questa piccola ma significativa parentesi storica, torniamo su ellaOne®: nel suo foglietto illustrativo è testualmente scritto che «agisce modificando l’attività dell’ormone naturale progesterone» e che «si ritiene […] agisca bloccando l’ovulazione». Ora, non ci vuole molto per accorgersi di quel singolare «si ritiene»: come mai? Non c’è forse la certezza che ellaOne® agisca esclusivamente «bloccando l’ovulazione»? Quali altri effetti potrebbe avere esattamente questo presunto contraccettivo «d’emergenza»? Una risposta ci giunge da uno studio curato dai ricercatori Mozzanega e Cosmi che parte da un fatto: il solo studio che valuta l’efficacia di ulipristal sull’ovulazione è stato condotto su un piccolo campione, di appena 34 donne (Cfr. Mozzanega B. – Cosmi E. (2011) Considerazioni su ellaOne® (ulipristal acetato) «Italian Journal of Obstetrics»; 2/3:107-112).

E pur sulla base di quest’unico studio è possibile constatare come, a proposito di ellaOne®, «solo il trattamento all’inizio del periodo fertile sembra realmente ritardare l’ovulazione. In questo caso, però, un rapporto risalente da 1 a 5 giorni prima sarebbe avvenuto in un periodo del ciclo verosimilmente non ancora fertile e quindi il farmaco verrebbe assunto inutilmente. Quando invece ulipristal viene assunto nei successivi giorni fertili, i tre o quattro giorni che precedono l’ovulazione, la maggioranza delle donne ovula regolarmente ed evidentemente può concepire; l’endometrio, invece, risulterà gravemente compromesso e sarà del tutto inadeguato all’impianto».

Questo significa che le donne che assumono la “pillola dei 5 giorni dopo” dopo un rapporto sessuale avvenuto nel periodo fertile del ciclo mestruale, nella maggior parte dei casi,  ovulano e possono concepire anche se l’endometrio è irrimediabilmente compromesso, indipendentemente dal momento in cui il presunto contraccettivo è viene assunto. Concludono Mozzanega e Cosmi: «Se immaginiamo un rapporto il giorno prima dell’ovulazione, con il concepimento entro le successive 24 ore (e quindi 48 ore dopo quel rapporto sessuale), come potrà invocarsi un’azione anti-ovulatoria e anti-concezionale per un farmaco assunto fino a cinque giorni da quel rapporto, e quindi tre giorni dopo il concepimento stesso? Si avrà esclusivamente un’azione anti-annidamento». Da un contraccettivo con possibili effetti abortivi si passa quindi - sempre che vi sia stato concepimento, ovviamente – ad un vero e proprio abortivo.

Bene fa quindi la dottoressa Fusina, al termine del suo pregevole lavoro – dove sono contenute le maggior parte delle citazioni qui riportate e dove, naturalmente, c’è anche molto altro – ad osservare che «la presentazione di questo farmaco come “contraccettivo”, termine correntemente usato per indicare la prevenzione del concepimento (inteso come fecondazione) è ingannevole: potrebbe indurre infatti ad utilizzarlo persone che non lo farebbero mai, se solo ne conoscessero il meccanismo d’azione antinidatorio». L’idea che presentare ellaOne® come contraccettivo possa indurre ad assumerla «persone che non lo farebbero mai, se solo ne conoscessero il meccanismo d’azione antinidatorio» appare suffragata dall’esito di un sondaggio condotto in Spagna nel 2007, che ha messo in luce come quasi il 40% (il 39,4%) del campione «rifiuterebbe l’impiego di un anticoncezionale sapendo che questo potrebbe agire anche come abortivo».

Morale: presentare ellaOne® esclusivamente come un contraccettivo significa dire mezza verità e quindi mentire circa la sua natura antiprogestinica, volta cioè a bloccare l’ormone – il progesterone, appunto – fondamentale per l’annidamento embrionale nella mucosa uterina. Mentire, una vera e propria specialità per quanti, ieri come oggi, si battono contro il diritto alla vita servendosi di bugie che, a forza di esser raccontante, a volte vengono purtroppo prese per verità.

Giuliano Guzzo

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