venerdì 1 febbraio 2013


I sessi non sarebbero più solo 5 ma sono aumentati ad 11  di Gianfranco Morra - http://www.italiaoggi.it



Più volte Papa Ratzinger si è espresso negativamente sulla sostituzione della parola «sesso» con «genere». La tradizione ebraico-cristiana è legata alla famosa espressione del Genesi (1, 27): «Dio creò l'uomo maschio e femmina».


La bipolarità sessuale è dunque una legge di natura perché nata con la creazione. Con precise differenze anatomiche, fisiologiche, psicologiche e sociali. La bipolarità sessuale era lo strumento della procreazione, scopo primario del matrimonio. Nel nostro secolo le cose sono cambiate. L'anatomia e la fisiologia hanno mostrato l'esistenza di forme sessuali intermedie, la chirurgia ha consentito il mutamento (vaginoplastica e falloplastica), la psicologia ha allentato le differenze tra l'animus maschile e l'anima femminile (Jung), la società ha riconosciuto ai due sessi gli stessi ruoli e gli stessi diritti, la moda ha creato l'unisex.

Anche quelle che un tempo erano chiamate «perversioni sessuali» non sono più tali e le leggi dei paesi occidentali le ammettono come diverse realizzazioni della sessualità. Cosa ovvia, se non c'è più la «normalità» non può esserci neppure la per-versione. Ecco allora il pensionamento della parola «sesso» sostituita da «genere» (gender): termine inventato in Usa negli anni Sessanta, aperto e fluido per farci rientrare tutto, il sesso stabile e quello mutevole, il sesso A e quello B, la transessualità, la bipolarità e i cambi di sesso a carico del SSN.

Era naturale che le carte d'identità dovessero adattarsi. Anche l'Unione Europea sta lavorando per applicare, entro il 2016, i «Principî di Jogjakarta» (città dell'isola di Giava, dove nel 2006 vennero formulati da un congresso fra associazioni dei diritti umani). Essi propongono, fra l'altro, di togliere l'obsoleta voce «sesso» e di sostituirla con «IG» (identità di genere). Ma quanti saranno i generi dichiarabili sulle carte? Tanti, visto che gli scienziati non sono concordi sul numero. La classificazione più seguita è quella di Anna Fausto Serling (The five sexes, 1993), ma c'è anche chi dice undici. Nei fatti la indicazione quasi esclusiva sulle carte d'identità rimarrà quella tra M e F, dato che le forme intermedie e ibride non raggiungono l'1 %.

La dicotomia maschio-femmina era fissa e immutabile, basata sulle differenze biologiche. Il genere non ha alcun fondamento oggettivo, si basa solo sulla «rappresentazione sociale». Con il genere (plurimo e mutevole) ciascuno si identifica soggettivamente: non «sono» un uomo o una donna, ma «mi sento» tale. Come scriveva nel «Secondo sesso» la Ninfa Egeria di Sartre, Simone de Beauvoir (più volte bersaglio della critica del papa): «Donna non si nasce, si diventa». Ecco perché deve avere anche il diritto di cambiare il sesso e il nome.

La sostituzione di «genere» a «sesso» avrebbe conseguenze rilevanti anche sulla attuale legislazione. Che contro il maschilismo e per «liberare» le donne ha inventato la «par condicio» e la «riserva dei posti». Due espedienti che stanno in piedi solo se esistono i sessi. Se ci sono solo i generi la par condicio diventa plurima e la riserva va estesa a tante altre categorie.

Senza dubbio rimarrebbe giusto trattare tutti alla pari, ma non più in base alla superata coppia maschio-femmina. Parità, certo, ma fra chi?

È giusto capire le intenzioni degli «antisessualisti». Non sempre, ma neppure di rado, la differenza sessuale è stata lo strumento del maschilismo e della soggezione delle donne. Anche nella nostra civiltà occidentale, l'unica che abbia raggiunto, forse troppo lentamente, la loro emancipazione. Ma la eliminazione del sesso, il suo uso indifferente, non producono liberazione, bensì confusione e squilibri psichici e sociali.

È certo giusto e umano riconoscere le difficoltà e i drammi di coloro che si trovano in quelli che già l'endocrinologo Gregorio Marañon chiamava «stati intersessuali» (1934). Ma queste anomalie non dovrebbero mettere in discussione la prevalente e quasi esclusiva normalità, che è la differenza sessuale, ricevuta e vissuta come un dono, dato che è finalizzata all'incontro e all'arricchimento reciproco di due persone tanto più uguali quanto più diverse. Perché uomo e donna sono due sessi diversi, non due generi.

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