mercoledì 30 ottobre 2013

Bambini rieducati a scoprire il... "segreto di papà" di Roberto Marchesini, http://www.lanuovabq.it

Il segreto di papà

Secondo lo psicologo olandese, naturalizzato statunitense, Conrad Baars il dono più grande che i genitori possono fare a dei bambini è la “affermazione” (affirmation), definita come “la radice di una felice vita umana”.
In cosa consiste l'affermazione? In poche parole, nell'autorizzazione ad essere se stessi: a provare i sentimenti che si provano, a pensare ciò che si pensa, a reagire come si reagisce. Poi, ovviamente, su queste cose si può lavorare (è questo il ruolo dell'educazione); ma in questo modo il bambino sa di essere adeguato, di essere apprezzato incondizionatamente, per quello che è.
Una persona non affermata, secondo Baars, è una persona che è costretta a indossare delle maschere per tutta la sua vita, perché fin da piccola ha vissuto la sensazione di non essere adeguata, di non “andare bene”, di essere sbagliata.
Pensavo a queste cose mentre sfogliavo un libro per bambini, intitolato “Qual è il segreto di papà”. La casa editrice e l'autrice sono le stesse di un altro libro per l'infanzia, del quale la Bussola si è già occupata.
In questo nuovo libro leggiamo la storia di due fratelli, Giulia (6 anni) e Carlo (9 anni). Papà e la mamma si sono separati; all'inizio i due piccoli erano un po' preoccupati (avrebbero rivisto il papà?), ma poi tutto è andato a posto: “Trascorrono con lui un pomeriggio alla settimana, un fine settimana su due e quindici giorni di vacanza all'anno”. Che gioia! Ma le belle notizie non sono finite: “La mamma ha invitato Ale, il suo nuovo compagno, a vivere con loro”. Che bello, Ale non sgrida mai i due bimbi, e quando c'è lui la mamma è più contenta!
Papà, invece, è molto misterioso, e non vuole stare con tutti i membri della sua famiglia allargata. Quale sarà il segreto di papà? Forse soffre per la separazione? Perché la mamma ha un nuovo compagno e l'ha portato a vivere con i suoi figli? Ha problemi di depressione, problemi economici, difficoltà come ne hanno tutti i padri separati? Figuriamoci... Niente di tutto ciò: papà è gay! È  innamorato di Luca e i due si sposerebbero anche “Se qui si potesse”.
Gulia – ovviamente – è felice; Carlo, invece, no. A scuola, per prendere in giro qualcuno, i suoi compagni usano proprio la parola “Gay”. Allora il papà è andato a parlare con la maestra, la quale ha spiegato ai bambini che la parola “Gay” non è un insulto, ma significa “Allegro”! Così tutti sono felici e contenti, anzi: allegri! Tutto bene, ottimo e abbondante, anzi: allegro. Il problema è che: è tutto falso.
A partire dalla faccenda della separazione, per finire in un crescendo rossiniano, quello descritto è un mondo immaginario. Chi ha avuto a che fare con le separazioni è abituato a meccanismi come il “conflitto di lealtà”, o alle conseguenze dell'egocentrismo infantile; conosce le conseguenze di una separazione sui bambini, e sulle loro relazioni con i genitori. È noto quale sia il dramma dei padri separati, e quali siano le conseguenze di una separazione anche sugli adulti (cfr. Massimiliano Fiorin, Finché la legge non vi separi, San Paolo 2012).
Per non parlare dell'impatto dei nuovi partner dei genitori, o dell'omogenitorialità (cfr. Dawn Stefanowicz, Fuori dal buio, Ares 2012), sui bambini.
Così il mio primo pensiero è stato: se un bambino vive anche una sola delle situazioni descritte nel libro, e non è “allegro” per quello che gli sta capitando, non si sentirà “non affermato”, come diceva Conrad Baars?
Ma poi ho pensato a Pavka Morozov, al “Country del cavaliere nano”, al tredicenne oratore al congresso di Libertà e Giustizia, ai bambini che sfilavano all'Europride 2011. E ho capito che la mia è una domanda stupida. Cosa volete che importi dei bambini a chi ha votato la sua vita all'ideologia?

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