Pende davanti alla Corte Costituzionale un giudizio di costituzionalità della Legge 40, instaurato a seguito dell’ordinanza n.166/2012 del Tribunale di Firenze, al quale si è rivolta una coppia che, dopo essere ricorsa al Centro di fecondazione assistita “Demetra” S.r.l., ha chiesto che venisse accertata la piena validità ed efficacia della revoca del consenso al trasferimento in utero degli embrioni soprannumerari malati o non biopsabili, nonché il diritto di poter utilizzare gli embrioni soprannumerari per fini di ricerca scientifica e biomedica.
Si tratta dell’ennesimo assalto, per via giudiziaria, ai divieti posti dalla nota legge sulla procreazione medicalmente assistita. Questa volta, però, un piccolo particolare rende il caso inedito: gli embrioni sono tutti vivi e, secondo quanto dispone la stessa Legge 40, soggetti di diritti. Per la prima volta, infatti, si è difronte ad una controversia legale sulla delicata materia, dopo la produzione degli embrioni, e quando, come si è detto, essi sono ancora in vita. In effetti, in tutte le cause precedentemente instaurate, la domanda e la contestazione, sotto diversi profili, della legittimità costituzionale della Legge 40 del 2004, sono sempre state proposte da coppie che non avevano ancora prodotto gli embrioni, e che chiedevano di produrli in numero superiore a tre (domanda oggetto, ad esempio, della sentenza n. 151 del 2009 della Corte Costituzionale), oppure mediante ricorso a tecniche di fecondazione eterologa. Nel caso dell’ordinanza n.166/2012 del Tribunale di Firenze, oggetto del giudizio della Corte Costituzionale, si è, quindi, di fronte ad un evidente conflitto di interessi tra i genitori ed il concepito.
È per questo motivo che, lo scorso 4 ottobre 2013, l’associazione Giuristi per la Vita, che ho l’onore di presiedere, ha inoltrato al Presidente della Corte Costituzionale, un’istanza per la nomina di un curatore speciale degli embrioni coinvolti nel giudizio dell’ordinanza n.166/2012, al fine di garantire il sacrosanto principio sancito dal dettato dell’art. 111, secondo comma, Cost., il quale impone che ogni processo si debba svolgere «nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità, davanti a giudice terzo e imparziale». Visto che si discute della loro soppressione, gli embrioni hanno diritto ad una piena tutela della propria posizione giuridica, atteso, peraltro, lo status riconosciutogli dalla vigente normativa in materia. L’articolo 1, primo comma, della legge 19 febbraio 2004 n. 40, infatti, recita espressamente: «Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito». L’ultimo passo del comma citato manifesta con assoluta chiarezza la volontà del legislatore: quella di considerare il concepito un soggetto, in quanto coinvolto nelle procedure di procreazione medicalmente assistita, e di riconoscergli dei diritti, non una generica tutela. Detti diritti, infatti, devono essere assicurati anche al concepito (così come agli altri soggetti coinvolti), espressione, quest’ultima, che fa evidente riferimento a mezzi giuridicamente efficaci per permettere ai soggetti di far valere i diritti loro riconosciuti.
Dal complesso della normativa in esame è agevole ricavare quali diritti la legge intende assicurare al concepito: il diritto alla vita (art. 14, primo comma), il diritto all’integrità fisica che non può essere lesa da pratiche di sperimentazione o dal congelamento (art. 13, primo e secondo comma, e art. 14, primo e terzo comma), il diritto ad essere curato (art. 13, secondo comma e terzo comma lettera b), e art. 14, quinto comma), il diritto alla propria integrità genetica, con il divieto di tecniche di manipolazione o procedimenti artificiali diretti ad alterarne il proprio patrimonio genetico (art. 13, terzo comma, lettera b), il diritto ad essere concepito con i gameti dell’uomo e della donna che saranno i suoi genitori, quindi ad essere figlio genetico dei suoi genitori (art. 4, terzo comma), il diritto ad essere trasferito nel corpo della madre per avere una chance di svilupparsi e nascere (art. 14, secondo e terzo comma).
In caso di accoglimento dell’istanza, i Giuristi per la Vita hanno indicato al Presidente della Corte Costituzionale, come possibile curatore speciale dei nove embrioni interessati al giudizio, il Prof. Dr. Giuseppe Noia, docente di medicina prenatale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, e Presidente dell’A.I.G.O.C.
Sarà interessante vedere l’esito dell’istanza, e quale sarà il provvedimento che il Presidente della Corte Costituzionale vorrà emettere. Da lì capiremo se il dettato dell’art.1 della Legge 40/2004, che impone l’obbligo di «assicurare i diritti del concepito», rappresenti un mero enunciato di principio, o costituisca una vera norma cogente, da cui possano discendere concreti effetti giuridici.
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