venerdì 11 ottobre 2013

l futuro papà ci ripensa ma il figlio avrà il suo cognome, http://roma.repubblica.it/cronaca/2013/10/11/news/


Scelgono la fecondazione eterologa, poi si separano: lui non voleva avere nulla a che fare anche con quell'embrione che "tecnicamente" non gli apparteneva. Ma il bambino secondo i giudici è di entrambi

Il futuro papà ci ripensa ma il figlio avrà il suo cognome

di GIUSEPPE SCARPA

Il futuro papà ci ripensa ma il figlio avrà il suo cognome Non avrà i tratti somatici del padre, né occhi o naso simili e nemmeno il sorriso, ma porterà di sicuro il cognome del genitore. E poco importa se il bimbo non è nato dal "seme paterno", ma da quello di uno sconosciuto. Succede per via di un'inseminazione artificiale eterologa avvenuta in Spagna, dapprima con il consenso di entrambi i genitori: poi, all'ultimo momento, il futuro papà ha deciso di fare dietrofront, proprio quando sua moglie stava per eseguire l'impianto dell'embrione, perché nel frattempo aveva deciso di separarsi dalla compagna. E voleva, quindi, non avere nulla a che fare anche con quell'embrione che "tecnicamente" non gli apparteneva. 

I giudici del tribunale civile Massimo Crescenzi, Anna Maria Pagliari e Silvia Albano, hanno deciso di rigettare la domanda dell'uomo relativa al disconoscimento di paternità del figlio, con una sentenza di primo grado dello scorso 19 settembre. 

Lui è un commercialista di 48 anni, lei una psicologa cinque anni più anziana. Nel 2000 convolano a nozze. Passano gli anni, ma i figli non arrivano. Per questo i due coniugi decidono di rivolgersi alla "Società Istituto Marques", una clinica a Barcellona che si occupa di procreazione assistita. I due firmano, il 19 novembre 2009, un contratto per un'inseminazione artificiale eterologa: in pratica, né il seme né l'ovulo provengono dai due futuri genitori. 

È a questo punto, però, che il rapporto tra i due inizia a incrinarsi. Ed è giunto a un punto di non ritorno quando la moglie parte per Barcellona, da sola, determinata a eseguire comunque l'impianto dell'embrione nell'utero. Mancano solo tre giorni all'intervento, il 16 dicembre 2009, quando alla segreteria dell'Istituto Marques viene recapitato un fax in cui l'uomo comunica la volontà di recedere dal contratto relativo all'inseminazione artificiale. La moglie, però, è ormai decisa: senza tener conto del fax, decide di dare comunque l'ok all'impianto dell'embrione, che viene effettuato, come da programma, il 19 dicembre. 

Nell'agosto successivo nasce il bambino, e la donna gli dà senz'altro il cognome dell'ex marito. Ma lui va su tutte le furie, e denuncia la donna per il reato di alterazione di stato civile di neonato, riuscendo a ottenerne l'imputazione. Poi passa al civile, intentando una seconda causa per il disconoscimento di paternità del bimbo: "Non è mio figlio, non posso averne", è la sua tesi. È questa la richiesta che viene rigettata dai giudici di viale Giulio Cesare lo scorso 19 settembre. La motivazione? Anche se i due sono separati, il bimbo è comunque figlio di entrambi, perché "l'inseminazione artificiale è frutto del consenso delle parti".

Un primo ko per l'uomo, seguito da una seconda decisione, sempre del tribunale civile, arrivata il giorno successivo: "Nella causa per la separazione richiesta dal marito - spiega infatti Gigliola Marchi, il legale della donna - il giudice ha stabilito che l'ex marito debba versare il contributo paterno al mantenimento del bimbo". 

"Sappiamo - conclude l'avvocato - che il processo per il riconoscimento di paternità arriverà fino in Cassazione, tuttavia ci batteremo fino alla fine per far rispettare i diritti dell'embrione e del nascituro".

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