Vi ricordate Roberto, l’adolescente omosessuale suicidatosi quest’estate gettandosi dal terrazzo di casa? Ricordate l’immediato sciacallaggio delle associazioni gay e della maggioranza dei quotidiani su questa tragedia spacciandola per omofobia, prima ancora di accertare le cause? Ne avevamo parlano anche noi.
Bene, ovviamente anche questa volta l’omofobia non c’entrava nulla: la Procura di Roma ha infatti chiesto l’archiviazione del fascicolo perché ha accertato che la vittima non ha deciso di togliersi la vita a causa di episodi di bullismo e omofobia, ma per un disagio esistenziale non generato dall’ambiente esterno.
Mentre la notizia sul “suicidio perché deriso in quanto gay” è rimbalzata su ogni organo d’informazione, l’archiviazione del caso è stato riportato in un trafiletto a pagina 16 soltanto dal quotidiano “Libero”. Nell’articolo si ricorda giustamente che l’insistente strumentalizzazione dei casi tragici come quello di Roberto, contribuisce a far si che gli omosessuali si sentano appartenenti ad una categoria da osservare ossessionatamene. Inoltre, il continuo e ossessivo spauracchio sull’omofobia usato per ogni caso e per chiunque osi dire qualcosa di contrario alle associazioni LGBT renderà sempre più insensibile la popolazione verso tali episodi, anche quando si dimostreranno reali (esistono i casi veri, da condannare ovviamente con tutte le forze, fortunatamente sono pochissimi tanto che l’Italia è stata classificata dal Pew Research Center come l’ottavo Paese al mondo per miglior accettazione degli omosessuali). Lo insegna la nota favola di Esopo chiamata “Al lupo! Al lupo!”.
Per questo «i nemici più pericolosi dei gay italiani, spesso, sono i gay stessi», come ha scritto Domenico Nardo sul gay-friendly “Fatto Quotidiano”. Da questo punto di vista, un nemico dei gay italiani è Nichi Vendola, che subito dopo il suicidio di Roberto ha abusato della sua morte per accusare la classe dirigente a chiedere «perdono per le vittime dell’omofobia e per aver consentito che l’odio per le diversità diventasse lessico ordinario della contesa politica». Un altro che ha malamente approfittato di questa tragedia è stato Flavio Romani, presidente di Arcigay, anche lui accodatosi allo sciacallaggio sulla morte di Roberto dicendo che «è ai ragazzi e alle ragazze come questo quattordicenne che bisogna pensare quando si dibatte dell’omofobia». Altri sono Fabrizio Marrazzo, Paola Concia e Franco Grillini,, che puntualmente con le loro dichiarazioni strumentalizzano in chiave politica la vita e le difficoltà degli omosessuali.
Non è la prima volta, ovviamente, che si verifica questo tipo di sciaccallagio su fatti tragici subito usati dalla lobby gay per accusare gli italiani di omofobia: ricordiamo il caso del giovane Andrea (gennaio 2013) che però non era affatto omosessuale, il tentato suicidio del sedicenne di Roma (maggio 2013) che però lui stesso ha spiegato non essere motivato dall’omofobia ed infine il recente attentato al liceo Socrate noto istituto gay-friendly, rivelatosi invece una vendetta per una bocciatura.
Esistono anche, non solo in Italia, numerosi omosessuali che si fanno appositamente male da soli per poi accusare la società di essere omofoba, ricordiamo il caso di Joseph Baken, quello di Alexandra Pennell, la coppia di lesbiche del Colorado e il caso di Charlie Rogers. Sono altri che urlano “al lupo, al lupo”, senza ricordarsi purtroppo il brutto finale della favola. Chi è davvero interessato a chi vive una situazione di omosessualità?
La redazione
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