Lo ha stabilito la Corte Costituzionale: illegittima la norma che vieta il ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi per coppie infertili
Ultimo paletto
Cade, dunque, l’ultimo «paletto» imposto dalla discussa normativa italiana. Dopo aver affrontato la questione della conservazione degli embrioni, della diagnosi preimpianto e del numero di embrioni da impiantare nell’utero materno, per la seconda volta la Corte era stata chiamata a giudicare la legittimità costituzionale di quella che è stata definita dagli avvocati difensori delle coppie la norma «simbolo» della legge 40, cioè il divieto di fecondazione eterologa. Nel maggio 2012 la Corte costituzionale decise di restituire gli atti ai tribunali rimettenti, per valutare la questione alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla stessa tematica.
Gli altri punti irrisolti
Restano però in piedi altre parti contestate della Legge 40, a partire dal divieto di accesso alla fecondazione assistita per coppie fertili ma portatrici di patologie genetiche: «Dev’essere fissata un’udienza della Consulta sulla questione dopo che il Tribunale di Roma ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale accogliendo due ricorsi», spiega l’Associazione Luca Coscioni, che si batte per modificare l’impianto del provvedimento. Rimangono anche il divieto di accesso alla fecondazione assistita per single e coppie dello stesso sesso, e quello di ricerca su embrioni non idonei alla gravidanza. «Anche in quest’ultimo caso è attesa un’udienza della Corte costituzionale, probabilmente dopo il 18 giugno, quando è chiamata a pronunciarsi la Grande camera della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo» Negli anni l’impianto della Legge 40, voluta nel 2004 dall’allora governo Berlusconi, è stato profondamente rivisto a seguito di una serie di sentenze: sono stati eliminati il divieto di fecondare più di tre ovuli insieme e l’obbligo di impiantare nell’utero in un’unica soluzione tutti quelli fecondati.
Il commento del medico della coppia di Catania
«Finalmente noi medici possiamo aiutare nel nostro paese tutte le coppie sterili che chiedono il nostro aiuto e non saremo più costretti a mandarli all’estero» ha commentato Antonio Guglielmino, direttore dell’Istituto di medicina e biologia della riproduzione Hera di Catania, medico che segue la coppia di Catania che ha fatto ricorso ai giudici. «Per troppo tempo ho visto migliaia di coppie che andavano in un altro paese per accedere alla fecondazione eterologa - ha riferito - e moltissime altre che per soldi sono state costrette a rinunciare. In Spagna infatti, dove si stima siano andate 4-5mila coppie italiane, chiedono all’incirca 8mila euro per accedere a questa pratica medica che, lontana dai nostri centri, rimane praticamente fuori controllo».
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