lunedì 21 aprile 2014

La legalizzazione di una droga per niente "leggera" di Alfredo Mantovano, 19-04-2014, www.lanuovabq.it

Non è ancora chiaro se a fine maggio una parte degli italiani troverà in busta paga l’aumento promesso dal presidente del Consiglio, e se veramente ammonterà a 80 euro. È certo invece che se la crisi continuerà a farsi sentire, ci si potrà consolare con una bella spinellata (e non solo), con minori ostacoli rispetto al passato, grazie al decreto-legge del governo e alle modifiche che il parlamento sta introducendo nell’iter di conversione.

Facciamo un passo indietro: con la sentenza n. 32 di febbraio la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della Fini-Giovanardi nella parte che equipara droghe “pesanti” e droghe “leggere”. Non per ragioni di merito, ma per un vizio formale: la riforma del 2006 era stata inserita nell’ordinamento con la conversione in legge di un decreto riguardante altra materia, e la Consulta ha constatato eterogeneità fra la versione originaria del decreto legge e quanto introdotto durante la conversione. Il governo è stato quindi costretto a varare un nuovo decreto-legge – il n. 36 del 20 marzo – per fare fronte alle incertezze interpretative conseguenti a tale sentenza. Tuttavia, mentre la logica avrebbe voluto il ripristino integrale della normativa del 2006 con un atto legislativo autonomo, che avrebbe sanato il vizio formale individuato dalla Corte, il nuovo decreto-legge ha reintrodotto la distinzione fra droghe “leggere” e “pesanti”, con una notevole riduzione delle pene per la cannabis e per i suoi derivati.

La legge di conversione del decreto è partita dalla Camera, con audizioni davanti alle commissioni riunite Giustizia e Affari sociali, delle quali si è dato conto su La Nuova Bussola Quotidiana. Sì ricorderà, fra le altre, quella del prof. Serpelloni, capo del dipartimento antidroga della presidenza del Consiglio, che ha dimostrato senza equivoci che la non “leggerezza” della cannabis: fino agli anni 1990 il suo principio attivo (il c.d. THC) non oltrepassava il 2.5%, mentre la percentuale di THC rilevata nel quadriennio 2010-2013, in virtù di manipolazioni da laboratorio, è giunta a una media del 16.8% quanto al materiale vegetale (inflorescenze e foglie) e del 26.6% quanto ai derivati (resine e oli), con punte massime del 60.6%! A riprova di tanto, con l’attuale percentuale media di THC la cannabis costringe a ricoveri ospedalieri: nel 2011 il 16% dei ricoveri per intossicazione da droga era dovuto proprio all’assunzione di tale sostanza, ma i minori ricoverati per questa causa sono stati il 44,2%. Gli effetti positivi dell’applicazione della Fini-Giovanardi sono stati pur essi oggettivamente riscontrati nelle audizioni: gli ingressi in carcere per violazione della legge sulla droga sono scesi dai 26.985 del 2007 ai 21.285 nel 2012, i tossicodipendenti provenienti dalla detenzione e affidati al servizio sociale sono cresciuti da 514 del 2007 a 1.578 del 2012, mentre i decessi per droga sono scesi da poco meno di 600 nel 2007 a 390 del 2012. Ed è diminuito il consumo: nella popolazione fra i 15 e i 64 anni per gli anni 2001-2012, si riscontra un iniziale incremento di stupefacenti che raggiunge il picco nel 2008, che poi cala, addirittura, per cannabis e derivati dal 15% a poco più del 2% della popolazione. Con poche eccezioni, gli esperti del settore e gli operatori delle comunità di recupero “auditi” dalle commissioni hanno confermato questi dati e le conseguenti valutazioni.

Questa settimana le commissioni riunite si sono dedicate ai voti degli emendamenti e degli articoli del decreto, e lo hanno sensibilmente peggiorato. È vero, nulla è definitivamente compromesso: ci sarà l’aula della Camera, e quindi il Senato. Ma il tempo non gioca a favore: il decreto va convertito in legge entro il 19 maggio, e c’è il rischio che – se non ci si rende conto della portata delle novità introdotte – quanto passato nelle commissioni resti immodificato nel seguito a causa dell’urgenza. Passo in rassegna quel che proprio non va:

1. Con l’approvazione di emendamenti di Sel e del Pd, sono stati qualificati “leggeri” pure i derivanti della cannabis geneticamente modificati: quelli che, come si è detto, sono giunti a una percentuale di principio attivo superiore al 60%.
2. Grazie a un emendamento del governo, la pena per il traffico e lo spaccio “di lieve entità” è stata diminuita: con la legge del 2006 il massimo era sei anni di reclusione, l’ex ministro Cancellieri l’aveva fatto scendere a cinque, ora arriva a quattro. Il primo effetto è di rendere non più obbligatorio l’arresto in flagranza dello spacciatore.
3. Con la Fini-Giovanardi per ogni tipo di droga un decreto del ministro della Salute fissa la quantità di sostanza al di sotto del quale vi è solo un illecito amministrativo, punito con sanzioni come la sospensione della patente di guida o del passaporto, e oltre la quale l’illecito è invece reato: il confine è oggettivo e senza margine di dubbi. Grazie a un emendamento del Pd, approvato dalle commissioni col consenso del governo, il quadro cambierà: importare, comprare, detenere droga non costituiranno più reato – saranno sanzionate solo in via amministrativa – se tali condotte saranno tenute “per farne uso personale”. A presumere questa destinazione, oltre il limite di quantità, varranno le “modalità di presentazione” della droga, il “confezionamento frazionato” o “altre circostanze dell’azione”: da parametri oggettivi si passa alla estrema genericità, che legittimerà le applicazioni più estese. Chi verrà sorpreso con un chilo di cocaina, detenuto con discrezione e non suddiviso in dosi, potrà affermare che sia per proprio uso personale: è una depenalizzazione in piena regola, e riguarda tutte le droghe!
4. Al dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio, la cui funzione è stata finora quella di coordinare le differenti competenze istituzionali in materia di stupefacenti, viene fatta pagare la colpa – attraverso il suo direttore – di aver detto la verità sulla questione droga: non è ancora formalmente soppresso, ma il suo ruolo viene affidato all’Istituto superiore di sanità. Guai a contraddire il “pensiero unico”!

Attori di questa operazione sono il Pd – i relatori del decreto-legge sono i presidenti delle due commissioni, con un ruolo molto attivo, a leggere i resoconti dei lavori parlamentari –, Sel, che forma maggioranza stabile sul provvedimento, M5S, allineato nella sostanza, e il governo, che ha appoggiato il peggioramento del proprio decreto. Non si ha traccia delle altre opposizioni, dalle quali ci si sarebbe attesa la difesa di una delle leggi migliori approvate da un maggioranza di Centrodestra, mentre un tentativo, non riuscito, di riequilibrare la questione è venuto da un paio di esponenti di Ncd. È illusorio immaginare ripensamenti dalle forze di sinistra nel seguito dell’esame del decreto: una volta che si può riaffermare un pezzo qualificante dell’ideologia post-sessantottina non ci si deve lasciare sfuggire l’occasione. Ma gli altri?

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