venerdì 4 aprile 2014

Obiezione di coscienza – Il medico come il soldato: non possono esimersi da uccidere?, 02/04/2014, http://www.notizieprovita.it/

Un pesce d’aprile per la logica e per la scienza l’analisi pubblicata ieri su Wired a firma del Prof. Maurizio Mori, ordinario di bioetica presso l’Università di Torino e Presidente della Consulta di bioetica Onlus.

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Il Professore cerca di delegittimare la scelta dell’obiettore di coscienza tramite un parallelo tra medico e soldato: entrambi sono in missione, sapevano –quando l’hanno intrapresa- a cosa sarebbero andati incontro, quindi non possono ritirarsi.

Enzo Pennetta sul portale web Critica Scientifica ci conduce nell’analisi del ragionamento, scardinando pezzo per pezzo il processo che ha portato il docente di bioetica a considerare totalmente illegittimo l’istituto dell’obiezione stessa.

“No, i medici non dovrebbero potersi rifiutare di interrompere una gravidanza. Il motivo ce lo spiega la filosofia”, questo il sotto titolo dell’articolo “Perché l’obiezione di coscienza sull’aborto non dovrebbe più esistere” pubblicato su Wired ieri 1 aprile 2014 a firma del prof. Maurizio Mori (ordinario di bioetica, Università di Torino, presidente della Consulta di bioetica Onlus).

Andiamo a vedere dove il ragionamento che viene sviluppato è fallace. In poche parole Mori sostiene che la professione di medico è assimilabile a quella di un soldato che quandosi arruola volontariamente sa che potrebbe essere chiamato a compiere azioni di guerra e ovviamente giunge alla conclusione che una volta compiuta tale scelta non sia lecito appellarsi alla possibilità di obiezione:

Chi sceglie di arruolarsi sa sin dall’inizio quali sono i compiti previsti dalla professione, e non può poi vantare titolo di fare obiezione di coscienza all’uso delle armi e all’uccidere in situazioni di guerra. 

Ma subito lo stesso autore pone una domanda centrale nell’argomentazione:

Si potrebbe discutere della validità dell’analogia tra aborto e guerra e sul fatto se l’aborto sia davvero una forma di omicidio. Si può osservare che nella tradizione occidentale, l’aborto (nelle prime fasi) non è mai stato un vero e proprio omicidio, ma se mai un omicidio anticipato: espressione assai ambigua il cui significato sarebbe tutto da chiarire.

Alla prima domanda la risposta esiste ed è anche facile, solo che non la si è voluta trovare. L’analogia non è tra aborto e guerra, come viene posta dal prof. Mori, semmai tra la professione medica e quella del militare, e si tratta di un’analogia che si ferma davanti al fatto che lo scopo per cui si fa il medico è curare i malati, quello per cui di fa il solato è uccidere il nemico, questo significa che l’atto di uccidere è l’essenza del mestiere delle armi mentre nella professione medica la morte è quello che si deve evitare con il proprio operato.

Chiaramente quindi, senza bisogno di scomodare la filosofia, se un soldato di mestiere non può sottrarsi all’ordine di uccidere un nemico perché ha dato l’assenso a tale eventualità nel momento dell’arruolamento, il medico tale assenso non solo non l’ha mai dato, ma ha invece manifestato l’intenzione di far esattamente l’opposto. Per ovviare a questa obiezione sofisticamente si evita di definire cosa sia la professione medica e si afferma semplicemente che essa oggi prevede la possibilità di praticare l’aborto e che quindi un medico obiettore semplicemente non dovrebbe fare il medico:

Infatti, la legge oggi prevede che tra i compiti del medico ci sia anche l’aborto. Un giovane che sceglie di fare il medico sa già sin dall’inizio che l’aborto è un intervento sanitario previsto dalla professione. Ove in coscienza fosse contrario a tale pratica, semplicemente sceglierà una professione diversa

A questo punto il problema sembra essere “risolto” sacrificando la possibilità che innumerevoli promettenti medici possano più accedere alla professione per curare i malati (la società può permettere questo?), ma le cose non stanno esattamente così.

Seguendo correttamente il paragone con la professione militare dovremmo per analogia domandarci come dovrebbe comportarsi un soldato davanti ad un ordine che ritiene moralmente errato. L’obiettore è infatti uno che all’interno di una professione che condivide si rifiuta di compiere atti contrari a quella professione o addirittura criminali. Allora il ragionamento svolto nell’articolo su Wired si mostra in tutta la sua fallacia, scambiando le situazioni infatti sarebbe come se un giorno si potesse dire:

Infatti, la legge oggi prevede che tra i compiti del soldato ci sia anche la rappresaglia. Un giovane che sceglie di fare il soldato sa già sin dall’inizio che la rappresaglia è un intervento militare previsto dalla professione. Ove in coscienza fosse contrario a tale pratica, semplicemente sceglierà una professione diversa.

Evidentemente, qualsiasi legge sia vigente, un soldato dovrebbe rifiutarsi di obbedire all’ordine di effettuare ad esempio una rappresaglia su dei civili. E non si tratta solo di un principio generale ma di un obbligo reale sancito dal diritto internazionale:

Il fatto che un soggetto abbia agito in esecuzione di un ordine non lo esime dalla propria personale responsabilità penale internazionale. Parallelamente il subordinato ha il dovere di sottrarsi dall’eseguire ordini riguardanti atti criminali.

Si tratta del 4° dei 7 punti del ”Principi di diritto internazionale riconosciuti dallo Statuto e dalla sentenza del Tribunale di Norimberga”, se un soldato secondo la sua valutazione ritiene dunque che un determinato ordine sia un crimine ha il “dovere”, non il diritto, di sottrarsi dall’eseguire quell’ordine. Se dunque il cittadino dovesse avere l’intima convinzione che l’ordine ricevuto, anche se presente nell’ordinamento del suo stato, sia un atto criminale,“deve” rifiutarsi di eseguirlo. A tal riguardo lo stesso prof. Mori conferma che nessuno potrà portare elementi sufficienti a dimostrare che l’aborto non sia la soppressione di una vita umana, usa poi la bizzarra e vaga definizione di “omicidio anticipato“. Quindi l’opinione personale di chi ritiene che si tratti di una vita umana non è scientificamente smentibile e va dunque rispettata.

Il ragionamento del prof. Mori poi viene confutato in poche righe anche dall’intervento del secondo lettore che pone il problema del fatto che ben il 70% dei medici sia obiettore.

Se il paragone con il mestiere del soldato fosse svolto fino in fondo ci troveremmo di fronte ad un esercito in cui il 70% dei militari si rifiuta di eseguire determinati ordini. Hanno tutti sbagliato professione? Questo dovrebbe far riflettere.

E così gli argomenti proposti contro l’obiezione si trasformano in una dimostrazione per assurdo dell’esatto contrario: l’obiezione di un medico profondamente convinto di commettere un atto illecito, non può essere trattata come un diritto da concedere o meno in quanto essa è un dovere.

Enzo Pennetta

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