giovedì 7 ottobre 2010

la ricerca - Si fanno strada metodi alternativi di Enrico Negrotti – Avvenire, 7 ottobre 2010
Un premio Nobel che la scia perplessi, anche dal punto di vista scientifico. Lo sostengono i gineco logi dell’Università Cat tolica, Giovanni Scambia e Riccardo Marana. Il primo, di rettore del Dipartimento per la tutela della salute della donna e della vita nascente del Policlini co «Gemelli» di Roma, osserva che «ci sono ancora grosse pro blematiche sulla fecondazione in vitro, non se ne conosce il reale beneficio rispetto ad altre solu zioni del problema sterilità che diano luogo a minori problemi etici ». Inoltre «anche dal punto di vista scientifico credo ci fossero ri cerche più meritevoli del premio Nobel». Esempi di come si può provare a superare la sterilità ven gono proprio dalle attività dei gi­necologi dell’Università Cattoli ca che, in caso di sterilità dovuta a fattore tubarico femminile o en dometriosi, perseguono tecniche che cercano di risolvere il pro blema per offrire soluzioni vali de a lungo termine.
Ne parla Riccardo Marana, di rettore dell’Istituto scientifi co internazionale (Isi) «Pao lo VI» di ricerca sulla fertilità e in fertilità umana per una procrea zione responsabile, avviato otto anni fa presso l’Università Catto lica di Roma. «La fecondazione in vitro era nata – spiega – come alternativa alla chirurgia tubarica, ma a tutt’oggi non può vantare risultati migliori in termini di suc cesso ». Come mostra un articolo in via di pubblicazione su una ri vista scientifica, l’attività del l’ambulatorio dell’Isi Paolo VI ha evidenziato che su 152 pazienti con sospetta o accertata sterilità da causa organica – di età non su periore a 45 anni – sottoposte a intervento chirurgico mediante laparoscopia o minilaparotomia, il 32% è giunta poi ad avere un figlio in braccio. Una percentua le, puntualizza Marana, superio re a quella ottenuta con le tecni che di fecondazione in vitro.

«Nelle valutazioni delle coppie infertili – osserva Ma rana – ci sono pressioni a fare presto che tendono a indi rizzare verso la fecondazione in vitro anche donne che potrebbe ro trovare una soluzione ai loro problemi in maniera diversa. In fatti occorre sottolineare che la Fivet non corregge il problema della sterilità, ma lo bypassa. La chirurgia è invece curativa, alme no nei casi a prognosi favorevo le ». E nel valutare i benefici del la tecnica «inventata» da Edwards adattandola dagli allevamenti a nimali si dimenticano spesso co sti, non solo economici, non in differenti. A cominciare da quel li dello stress psicologico: «Non è un caso se il 36% delle pazien ti – aggiunge Marana – abbandona dopo un tentativo fallito di fecondazione in vitro». Inoltre i dati che stanno emergendo sui maggiori rischi di salute che cor rono i bambini nati da feconda zione in vitro dovrebbero consi gliare maggiore cautela nel con siderarla una soluzione ideale: «Recenti metanalisi della lettera tura – sottolinea Marana – ripor tano in maniera concorde un au mento del 30-40% nell’inciden za di malformazioni congenite dopo Fivet». Tanto che le linee guida dei ginecologi canadesi rac comandano di illustrare chiara mente alla paziente tutti i rischi, tra cui anche il più alto tasso di complicanze ostetriche e perina tali ». Resta quindi da domandar si perché sia stata assegnato il pre mio Nobel a una «terapia» che presenta ancora così tanti lati da investigare.



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