mercoledì 27 ottobre 2010

Un fondamento per le scelte politiche - di Gianni Letta (©L'Osservatore Romano - 28 ottbre 2010)

Un'immagine immediatamente rende il significato e l'importanza che non solo il mondo della cultura e la comunità scientifica riconoscono al pensiero di Benedetto XVI. È questa:  nella Westminster Hall, la prestigiosa sala all'interno del più antico Parlamento del mondo, il Papa teologo si rivolge all'intera classe dirigente del Regno Unito venuta ad ascoltarlo in occasione del suo recente viaggio in Gran Bretagna.
Nella  prefazione  del  curatore dell'edizione  tedesca   dell'Opera   omnia, il vescovo  di  Ratisbona,  monsignor Gerhard Müller, nota autorevolmente come al centro del pensiero del Papa stia la questione del rapporto tra fede e ragione. Ma l'affermazione dell'interdipendenza necessaria tra ratio e religione in Joseph Ratzinger irriga e dà vita non solo al campo degli studi teologici ma anche agli altri del pensare e dell'agire umano, e non ultimo a quell'agire politico che aspira alla realizzazione del bene comune. Ed infatti quando il Papa ci invita a non prescindere dalla cooperazione tra fede e ragione nella sfera pubblica, egli ci parla di una religione che rinuncia al tentativo di imporre un proprio predominio ma che, allo stesso tempo, non vuole colpevolmente sottrarsi dal contribuire al bene dell'intera nazione.
Illuminante, in questo senso, un passo del discorso nella Westminster Hall. Dice il Papa:  "La questione centrale in gioco, dunque, è la seguente:  dove può essere trovato il fondamento etico per le scelte politiche? La tradizione cattolica sostiene che le norme obbiettive che governano il retto agire sono accessibili alla ragione, prescindendo dal contenuto della rivelazione. Secondo questa comprensione, il ruolo della religione nel dibattito politico non è tanto quello di fornire tali norme, come se esse non potessero esser conosciute dai non credenti - ancor meno è quello di proporre soluzioni politiche concrete, cosa che è del tutto al di fuori della competenza della religione - bensì piuttosto di aiutare nel purificare e gettare luce sull'applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi".
Il collegamento tra mondo della fede e mondo della ragione è uno dei fili rossi che attraversa il volume xi dell'Opera omnia di Joseph Ratzinger, Teologia della Liturgia. Ma proprio per quella tensione alla totalità e insieme per quella passione per l'uomo, per ogni uomo, che caratterizza il pensare e l'agire di Joseph Ratzinger, anche in questo volume il grande teologo non rifugge mai, quando il tema gliene dà occasione, di riflettere sulla questione della corretta trasposizione della fede nella vita pubblica.
Mi limito a un esempio. Nel 2001 l'allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede è chiamato a presenziare alla celebrazione del Congresso eucaristico diocesano di Benevento e a riflettere sulle tre parole-guida che quell'assise ha posto a tema:  Eucaristia, Comunione e Solidarietà. A Joseph Ratzinger sta a cuore mostrare quanto sia errata l'idea, maturata in alcuni ambienti del primo socialismo, per la quale la parola solidarietà diveniva la nuova, razionale e realmente efficace risposta al problema sociale proprio perché in contrapposizione alla caritas, all'idea cristiana di amore. All'origine della solidarietà, scrive invece Ratzinger, "all'origine di quel farsi garanti gli uni per gli altri, i sani per i malati, i ricchi per i poveri, i continenti del nord e del sud, nella consapevolezza della reciproca responsabilità" sta il riconoscimento della pari, assoluta dignità di ognuno, la cui base incrollabile tuttavia è il riconoscimento che Dio stesso, amorevolmente, ha creato ogni uomo a sua immagine e somiglianza. Oscurato il legame che unisce la creatura al Creatore, dice Joseph Ratzinger, svanisce anche ciò che in ultimo legittima l'idea di dignità umana; e col venir meno di essa, è tolta alla retta convivenza civile la fonte alla quale si abbevera, al sistema democratico la pietra angolare sul quale si regge:  "Se la globalizzazione nell'ambito della tecnica e dell'economia - conclude - non sarà accompagnata da una nuova apertura della coscienza verso quel Dio davanti al quale tutti siamo responsabili, allora finirà nella catastrofe".
Quella del 2001 è una affermazione davvero profetica, se si pensa alla gigantesca crisi finanziaria che quasi dieci anni più tardi avrà conseguenze drammatiche sulla vita quotidiana di centinaia di milioni di persone nell'intero pianeta. Siamo giunti così all'analisi delle questioni della più stringente attualità e, insieme, ancora una volta, al tema dell'indispensabile armonia tra fede e ragione, ovvero dei pericoli che scaturiscono da una teoria e da una prassi sociale che non tengono conto di Dio. Da qui il profondo convincimento del grande teologo che "non basta trasmettere capacità tecnica, conoscenza razionale e teoria o anche prassi di determinate strutture politiche. Tutto ciò non serve, anzi è perfino dannoso, se non vengono suscitate anche le forze spirituali che danno senso a queste tecniche e strutture e rendono possibile un loro uso responsabile".
Quest'appello di Joseph Ratzinger del 2001 risuona nelle parole pronunziate da Benedetto XVI alla Westminster Hall, in quell'invito rivolto a tutti gli uomini di buona volontà ad accettare il ruolo "correttivo" che la religione può svolgere nei confronti della ragione per affrontare le grandi sfide che il nostro tempo ci pone.




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