giovedì 7 ottobre 2010

l’intervista - «Prevenzione molto meglio della tecnica» di Alessandra Turchetti – Avvenire, 7 ottobre 2010

E’ oggetto di sufficienti attenzioni in ambito medico oggi il tema dell’infertilità? O si ricorre alla provetta con eccessiva disinvoltura?

L’esperto forse più autorevole in Italia per rispondere è l’andrologo Carlo Foresta, presidente della Società italiana di fisiopatologia della riproduzione e direttore del Centro regionale di crioconservazione dei gameti maschili dell’Università di Padova.

Professore, nella sua lunga esperienza quale è stato negli anni il contributo dato dalla fecondazione artificiale?

«Le tecnologie di fecondazione artificiale sono sempre più avanzate e, nell’immaginario comune, vengono proposte come soluzione definitiva. Sappiamo però che l’esito non sempre è garantito e i problemi psicologici, etici ed anche economici che derivano da queste soluzioni sono di grande rilevanza. Sono sempre stato a favore della tutela e prevenzione della fertilità naturale ma anche su questo fronte è stato fatto veramente poco».

Vuole spiegarsi meglio?

«Nell’età giovanile il sistema riproduttivo è il primo campanello di allarme che si altera in certe condizioni, ma il messaggio di prevenzione per quanto riguarda quei fattori di rischio modificabili inerenti lo stile di vita – ad esempio fumo, stress, abuso di caffeina o alcool – non passa da nessuna parte. Non viene detto, cioè, nelle scuole, negli ambienti sportivi o nelle università, cosa si deve fare per preservare la propria fertilità. E così si arriva ad avere pochi spermatozoi».

E quali altre azioni andrebbero perseguite?

«Se con il Nobel al professor Edwards è stata premiata la fantasia di aver creato in ambiente extracorporeo quanto normalmente avviene in natura, per noi andrologi il problema è più complesso e dobbiamo eseguire indagini molto approfondite. La tecnologia ci è venuta in aiuto: oggi è possibile esplorare molto in dettaglio la qualità della spermatogenesi e le condizioni che la impediscono. Ad esempio, si può ingrandire l’immagine di un singolo spermatozoo senza danneggiarne la struttura fino a sei-settemila volte, contro le mille del passato.

Tutto questo aiuta la ricerca delle cause».

A che punto siamo con la ricerca delle cause genetiche?

«I test possibili di questa natura, che vanno fatti prima di qualsiasi provvedimento, sono stati perfezionati. E proprio in Italia abbiamo documentato come la sindrome di Klinefelter, dovuta ad un’anomalia cromosomica, sia assolutamente compatibile con una vita normale, modificando l’orientamento che si aveva precedentemente a livello nazionale e non solo».

Come rendere dunque più efficace il trattamento della sterilità?

«Occorre una sinergia di tre elementi: l’avanzamento delle tecnologie, una maggiore conoscenza scientifica e, collegata a questa, una buona comunicazione di prevenzione nella società».


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