giovedì 7 ottobre 2010

«Non è vero progresso» - Roberto Colombo, genetista: «Anche la più acclamata scoperta può tradire lo scopo della medicina: prendersi cura di ciascun uomo» di Vito Salinaro – Avvenire, 7 ottobre 2010
Docente di Neurobiologia e Genetica u mana all’Università Cattolica e membro del Comitato nazionale di bioetica, a Roberto Colombo, chiedia mo un giudizio sul valore specifico di un Nobel alla medicina come quello a Edwards.

Professore, qual è stato l’influsso delle ricerche dello scienziato inglese sulla clinica medica negli ultimi tre decenni?

«L’introduzione della possibilità di fecondare un ovocita e far sviluppare in vitro un embrione u mano fino al trasferimento in u tero ha profondamente cambia to il modo con cui la ginecolo gia e l’andrologia affrontano una patologia sempre più diffusa: l’infertilità. Ha avuto un enorme sviluppo una nuova disciplina clinica, la 'medicina della ripro duzione', oggi praticata in nu merosissimi ospedali di tutto il mondo. Il Nobel a Edwards non ha premiato l’originalità o la sor prendente novità di una scoperta – che la fecon dazione in vitro fosse possibile era già stato mo strato in diverse specie animali assai prima del 1978 –, ma l’importanza che essa ha avuto sugli sviluppi di un settore della medicina negli anni suc cessivi, e il fatto è innegabile. A differenza dei No bel per la fisica o per la chimica, questo è il crite rio con cui quello per la medicina viene assegna to. Non tutti, però, sono d’accordo che questo mu tamento radicale nell’approccio clinico alle cop pie sterili sia un autentico bene per l’uomo e per la società, e tra costoro siamo anche noi cattolici».


Ciò che costituisce agli occhi dei più una conquista della medicina può dunque non essere un vero progresso umano?

«Certamente. Anche la più ardita scoperta o la più influente nuova metodologia, per quanto capace di far conseguire ai medici risultati sino ad allora inimmaginabili e anche corrispondere ai desideri di alcuni pazienti, può tradire il bene e la dignità dell’uomo e, così, lo scopo della stessa medicina: prendersi cura di ogni uomo che viene al mondo, dal concepimento alla sua morte. Non tutto ciò che è scientificamente e clinicamente valido ha, per ciò stesso, un valore antropologico, morale e so ciale. Questo è il caso della Fivet».

Perché la procreazione artificiale è contraria al bene dell’uomo e alla vocazione della medicina?

«Negli Stati Uniti i dati ufficia li più recenti dicono che dagli oltre 206.000 embrioni collo cati in utero nel corso delle cir ca 82.000 manovre di impian to eseguite nel 2007, sono nati vivi solo poco più di 39.000 bambini, inclusi i gemelli. Le altre 167.000 crea ture umane non hanno visto la luce, alle quali oc corre aggiungere un numero ancora più elevato di embrioni neppure trasferiti in utero perché ritenuti 'non idonei' (selezione embrionaria) o sovran numerari. È questa la 'gloria' della medicina del la riproduzione, che in nome di una pretesa assi stenza alle coppie infertili non si prende cura del la vita di altri esseri umani da lei generati in labo ratorio e poi destinati a morire in vitro o nell’ute ro di una donna? Vorremmo vedere riflesso nei progressi della medicina il 'volto umano' del me dico che ogni giorno si prende cura di tutti e di cia­scuno dei suoi pazienti».




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