giovedì 14 ottobre 2010

sul campo - Biotestamenti: i Comuni nel mirino - di Andrea Galli – Avvenire, 14 ottobre 2010

Più di settanta città e paesi nell’ultimo anno hanno attivato il registro per le disposizioni di fine vita, al di fuori della normativa nazionale. In arrivo una risposta dei ministeri competenti. Parla Roccella, sottosegretario alla Salute
«Ci sono comuni che hanno mandato la loro delibera al Ministero e altri che hanno chiesto un parere preventivo: a tutti risponderemo. E so che lo farà anche il ministro dell’Interno, che è stato interpellato in modo simile». Il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, manda un segnale a chi in questi mesi si è dato da fare, con tenacia, per istituire gli ormai noti registri fai-da te dei testamenti biologici. L’ultimo caso riguarda Reggio Emilia, dove il sedicente nuovo servizio per i cittadini è stato inaugurato lunedì scorso e nella cui provincia già una decina di paesi hanno fatto lo stesso nei mesi scorsi. «Bisogna chiarire, e innanzitutto ai cittadini – spiega Roccella – che si tratta soltanto di un’iniziativa ideologica e politica. Non è certo un caso che questi registri siano stati creati nelle Regioni rosse e dove la sinistra governa. Hanno infatti scelto di applicare la strategia già sperimentata con la pillola abortiva: invece di passare per i canali legittimi, danno vita a situazioni di fatto, forzando il rispetto democratico delle rispettive competenze amministrative e istituzionali. I registri comunali non possono sostituirsi a una legislazione statale, ancora mancante, e per quanto vogliano ridurre la loro attività a un fatto anagrafico, alla conservazione di dichiarazioni che comunque sono fatte altrove, lo vogliano o no, legittimano una serie di situazioni e di figure che non sono state ancora normate». Ovvero, si tratta di iniziative nulle, senza alcun valore legale e pratico. Per diverse ragioni: «In che modo un Comune – continua il sottosegretario – può garantire che la dichiarazione di volontà che riceve e conserva è frutto di un consenso informato? Chi garantisce che c’è stato un colloquio del cittadino dichiarante con un medico e un colloquio sufficiente? Una dichiarazione di volontà che non sia frutto di un consenso informato non può avere valore». Un problema si pone anche sulla questione del fiduciario: «Quasi tutti i registri la prevedono. Ma parliamo di una figura che non esiste nell’ordinamento italiano. È la legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento che la metterà in campo». E ce n’è anche per i medici e la loro tutela: «Non esistendo una legge, una dichiarazione anticipata di trattamento consegnata a un registro comunale non garantisce in nessun modo il medico dal punto di vista legale. Se quindi il medico mettesse in atto la volontà del paziente coprendosi con una dichiarazione di fine vita depositata presso un registro comunale, ne risponderebbe in prima persona, in base alle leggi vigenti – che ricordiamo condannano il suicidio assistito – e al vigente codice deontologico».

Poi – Roccella prosegue nell’elenco dei nonsense – andrebbero tenuti presenti problemi di tipo amministrativo, non di poco conto: «Per essere coerenti con la loro iniziativa e con il consenso informato, i Comuni dovrebbero fornire un servizio 'h24', con un ufficio aperto notte e giorno, sette giorni la settimana, e non mi risultano ce ne siano. Se io ho un incidente, ho paura di perdere conoscenza o di entrare in coma e voglio cambiare con la massima urgenza le mie dichiarazioni, cosa faccio?

Aspetto che riapra l’anagrafe dopo il fine settimana?».


Per non parlare del rispetto della privacy e della gestione di dati più che sensibili: «Le norme su questo punto sono molto complesse. Per fare il disegno di legge sulle Dat c’è stata una consultazione anche informale per capire in che modo impostare il testo legislativo. Nessun Comune, a quanto mi risulta, ha chiesto un parere al garante della privacy». In sintesi, per Roccella, «un Comune stando alle sue competenze, potrebbe al massimo convalidare la firma di chi deposita queste dichiarazioni di volontà, ma dovrebbe dire allo stesso tempo che i contenuti di queste dichiarazioni sono semplicemente inutilizzabili. Che il presunto servizio per i cittadini non esiste. Col che, vista l’illegittimità e la totale assenza di valore dell’iniziativa, in diversi casi può prospettarsi anche un danno erariale, a motivo del personale impiegato e dei costi sostenuti».

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