sabato 26 gennaio 2013


RICORSO CGIL A STRASBURGO: ABORTO, TROPPI OBIETTORI - 26/01/2013 |  Repubblica | 


ROMA
— I medici italiani non obiettori di coscienza, i (pochi) medici cioè che continuano a far applicare in Italia la legge 194, e dunque permettono alle donne di abortire, sono discriminati sia nella carriera che nella retribuzione. E la stessa legge 194, proprio a causa dell’altissimo numero di obiettori, non garantisce oggi alle donne il diritto di ricorrere all’aborto. È questo il contenuto di un ricorso presentato dalla Cgil al Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa, così come ieri ha anticipato l’agenzia
Ansa.
Un atto forte che accende i riflettori sulla drammatica situazione italiana, dove quasi il 90% dei ginecologi si dichiara obiettore, e in molti ospedali i reparti di interruzione volontaria
di gravidanza sono in abbandono.
Il testo del reclamo non è stato ancora ufficialmente comunicato al governo italiano, ma nel documento la Cgil dimostra come vi siano disparità di carriera e salariali tra medici obiettori e non, in favore dei primi. E secondo gli avvocati del sindacato, sarebbero stati violati gli articoli 1, 2, 3 e 26 della Carta sociale europea. Articoli che obbligano gli Stati a rispettare il diritto al lavoro, ed in particolare quello ad eque condizioni, alla sicurezza e all’igiene, e alla dignità sul posto di lavoro. Nel reclamo la Cgil si esprime anche sulla legge 194, evidenziandone le caratteristiche che violerebbero l’articolo 11 della Carta, che sancisce il diritto alla protezione
della salute. Le legge per come è formulata — si sottolinea — non assicura alle donne di avere accesso all’interruzione di gravidanza anche a causa dell’alto numero di obiettori. Questa parte del reclamo ricalca la tesi sostenuta dal ricorso presentato dall’International Planned Parenthood Federation al Comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa, dichiarato “ricevibile” il 7 novembre. «Sono lieta che in Europa si ponga il problema della corretta applicazione della 194», commenta Marilisa D’Amico, ordinario di diritto costituzionale che ha curato il reclamo. «La legge sull’aborto deve essere applicata bene e non svuotata di significato».
(m.n.d.l.)

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