Fecondazione in vitro: patologie gravi per madre e figlio - 29 gennaio, 2013 - http://www.uccronline.it
A causa della fecondazione in vitro, oltre all’incremento di uccisione di embrioni umani scartati che tale pratica comporta, la maternità è rimandata sempre più tardi, aumentando i rischi di patologie gravi e togliendo il diritto ai bambini di avere due genitori in grado di badare a lui con tutte le loro forze, senza doversi occupare precocemente della loro vecchiaia.
Lo ha spiegato un figlio cresciuto con genitori anziani: «c’è da considerare cosa significhi essere adolescenti con genitori ultrasessantenni, incapaci di capire i loro figli, sentendosi continuamente definire “bastone della mia vecchiaia”. C’è soprattutto da considerare cosa significhi cercare di costruirsi un futuro con genitori ormai anziani e bisognosi di assistenza, barcamenandosi tra pannoloni, medicine e colloqui di lavoro; tra orari d’ufficio e improvvise chiamate da casa per imprevisti legati all’età».
Rispetto ai rischi alla salute che le donne corrono volendo partorire anche superati gli “anta”, ha preso posizione il professor Antonio Chiantera, segretario nazionale dell’Associazione dei ginecologi (AOGOI), affermando: «Quella di non fare figli quando si è veramente in età fertile è una scelta che giudico egoistica [...]. Nella donna l’età di massima fertilità è tra i 18 e i 28 anni, poi lentamente decresce fino a quando superata la soglia dei 40 anni la capacità riproduttiva diventa decisamente scarsa. A meno che, appunto, non si congelino prima in una banca gli ovociti. Ma i figli sarebbe meglio farli prima. Anche per non incorrere in pericoli per la salute», come i «gravi rischi di contrarre l’endometriosi, che è una malattia seria perché provoca ripetuti sanguinamenti, cistiti e la necessità di intervenire più volte anche chirurgicamente». Secondo Chiantera può essere giustificato congelare gli ovuli «per le donne con neoplasie che richiedono cicli chemioterapici o di radioterapia, ma quando la motivazione è egoistica e non sanitaria è giusto che ci si faccia carico in proprio delle spese». E invece, «finisce quasi sempre per pagare il servizio pubblico e non è proprio giusto».
Anche Carlo Bellieni, neonatologo dell’Università di Siena, ha spiegato che la prima prevenzione alla fertilità è «fare i figli nell’epoca della vita più propizia», e comunque il problema non si risolve con la fecondazione artificiale, dato che -come riportato sull’ultimo numero della rivista Family Physician, organo del Royal Australian College of General Practitioners- le possibilità di impianto dell’embrione sono comunque basse: il 35-40 per cento se la donna ha meno di 35 anni e il 15 per cento al di sopra di quella età. Concludendo: «E’ paradossale aprire alla fecondazione in vitro e non far nulla in quanto a prevenzione della sterilità. E’ uno sbilanciamento che non sconfigge la sterilità dilagante».
La stessa tecnica di Fecondazione in vitro, inoltre, oltre ad essere poco efficace è portatrice di un aumento di rischi per la salute della donna. Un recente studio, pubblicato su British Medical Journal , ha mostrato un aumentato rischio di embolia polmonare (blocco della principale arteria del polmone) e di tromboembolia venosa (coaguli di sangue) durante il primo trimestre di una gravidanza ottenuta per fecondazione artificiale. La rivista scientifica «HEC Forum», in seguito ad un altro studio, è arrivata recentemente a questa conclusione : «La Fivet ha strette regole che lasciano le donne fisicamente ed emotivamente esauste. Il trattamento di Fiv può avere un tremendo impatto sulle donne».
Studi precedenti hanno inoltre dimostrato la pericolosità anche per i bambini: una probabilità di malformazioni congenite pari a 1.25 volte maggiore per chi nasce tramite fecondazione rispetto a chi nasce naturalmente. A risultati simili è arrivato anche uno studio su New England Journal of Medicine, uno pubblicato su Pediatrics e uno su Minerva Pediatrica .
Nessun commento:
Posta un commento